I legali di Massimo Bossetti, che si trova in carcere dal 16 giugno con l’accusa di avere ucciso la tredicenne Yara Gambirasio, presentano un’istanza in cui, per la prima volta, viene fatto appello ad argomenti finora poco considerati, ma che non sono frutto di immaginazione bensì di “una logica scientifica che, tenendo conto di alcuni parametri, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ‘Ignoto 1’ sui vestiti di Yara”.
Il gip di Bergamo ha respinto l’istanza ma gli argomenti saranno riproposti ai giudici del tribunale del Riesame di Brescia. Le rivelazioni contenute in quell’istanza come la frase “pare quantomeno discutibile come ad una eventuale degradazione proteica della traccia non sia corrisposta una analoga degradazione del dna”, dovranno essere affrontate e riviste e gli avvocati sottolineano che il dna “non sia un elemento così scevro da dubbi, tanto da essere individuato sempre dai medesimi Ris come ‘quantomeno discutibile'”. La traccia ritenuta “ottima”, lascia molti dubbi sul fatto che non si sia degradata, come sostengono anche gli stessi carabinieri della scientifica.
L’istanza rivela particolari anche sui risultati delle analisi delle celle telefoniche, che vengono qui contestate. Nella richiesta di scarcerazione è stato allegato un documento “riservato” di Vodafone S.p.a., del 25 gennaio 2011 in cui si dice che l’ultimo aggancio del telefono della vittima non è quello di Mapello ma di Brembate, che contrasta con la tesi dell’accusa che vede il Bossetti implicato perchè la sua utenza ha agganciato la cella di Mapello, dove abita il muratore.
Ecco cosa scrivono i legali: “Attraverso l’analisi delle celle telefoniche, come sappiamo, è possibile conoscere (con sensibile approssimazione) la posizione di un cellulare con precisione massima pari al raggio della cella stessa”. Ma in parole povere vuol dire: “Non abbiamo informazioni che consentano di stabilire dove i cellulari fossero al momento del traffico telefonico con una precisione superiore al raggio di copertura della cella”. Anzi, “non è neppure possibile stabilire se i cellulari fossero all’interno di una o dell’altra zona di copertura delle celle”.
Sulle tracce di calce invece rilevate nei polmoni di Yara i difensori affermano: “Non si può non notare come l’indicata parte dell’apparato respiratorio, analizzata nella perizia Cattaneo, non evidenzi alcuna presenza di polveri riconducibili a calce”. “Ciò in evidente insanabile contrasto con quanto indicato nell’ordinanza di custodia cautelare ove si assume l’elemento in questione (calce nell’alveo bronchiale) quale importante indizio di colpevolezza“.