Riccardo: sei anni, troppo presto per morire

Il piccolo Riccardo esce dalla chiesa tra gli applausi di tutti: è ultimo saluto alla sua vita terrena tanto sofferta. Aveva perso la mamma due mesi dopo la scoperta della malattia, ma non era solo nella sua lotta.

Riccardo: sei anni, troppo presto per morire

Sabato mattina, nella Chiesa della Madonna di Lourdes, la comunità parrocchiale di Busa di Vigonza (Padova) si è stretta alla famiglia di Riccardo Seke, sei anni, per dargli l’ultimo saluto. La presenza, molto numerosa, di parrocchiani e amici ha ascoltato silenziosamente l’omelia del parroco, padre Carlos Blanco. Un’omelia sofferta, per le parole difficili da trovare, e da pronunciare, che fossero capaci di consolare, di far guardare avanti nonostante la grave perdita.

Alla Messa cantata, sono seguite alcune testimonianze di chi ha conosciuto il piccolo Riccardo (Riccardino, come amavano chiamarlo per la tenerezza che suscitava) e ha visto da vicino il calvario del piccolo, morto per un tumore: un blastoma, rara forma di neoplasia, che lo aveva colpito all’età di due anni e che si era esteso alla testa.

Tra tutte le testimonianze, il ricordo di una rappresentante del reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale di Padova, dove Riccardo ha passato molti giorni e mesi della sua breve vita, ha commosso l’assemblea: “Riccardo ha vissuto inconsciamente il distacco da un amore strappato prematuramente, e ha percorso il cammino della sofferenza e dell’handicap.”  La donna testimonia che, per Riccardo, il reparto di oncoematologia era “casa sua”.

Il piccolo Riccardo aveva perso la mamma due mesi dopo che gli era stata diagnosticata la malattia: lì, all’ospedale, aveva forse trovato quella figura che rasserena, cura, di cui ogni bambino ha estermo bisogno. La dottoressa Viscardi che lo ha curato, amato, e stretto a sé fino all’ultimo istante, come avrebbe fatto la sua mamma, si rende conto che l’affermazione “l’ospedale è la sua casa” è un’espressione che stride: come stride la sua vita tanto diversa e faticosa. Continua la sua testimonianza, dicendo che il piccolo Riccardo “è stato la gioia, la dolcezza, l’intelletto acuto, la purezza, l’accettazione, anche la consolazione”. Egli sapeva infatti consolare, come solo gli angeli sanno fare, chi gli stava vicino. Gli abbracci di Riccardo non saranno più dimenticati.

Conclude la dottoressa con una preghiera: “Ti prego Signore affinché gli amori grandi della sua vita, il suo papino e il suo adorato fratellone, possano ricevere ancora e sempre la sua tenerezza, la sua forza, la raffinatezza del suo sentire. Permetti che questo nostro angelo nero continui a donare grazia e amore al dolore e alla nostalgia di chi è rimasto senza di lui”. 

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