Prato, Luana D’Orazio, morta a 22 anni in fabbrica: la famiglia rifiuta il risarcimento

La famiglia della 22enne Luana D'Orazio, morta dopo essere rimasta intrappolata in un macchinario della fabbrica in cui lavorava, ha rifiutato il risarcimento di 1,2 milioni di euro offerto dalla compagnia assicurativa Unipol. Ecco le motivazioni fornite.

Prato, Luana D’Orazio, morta a 22 anni in fabbrica: la famiglia rifiuta il risarcimento

Tutti abbiamo a cuore la triste storia di Luana D’Orazio, la 22enne, madre di un bambino, morta il 3 maggio scorso, mentre lavorava a un orditoio in una azienda tessile a Montemurlo, in provincia di Prato. Luana non c’è più e con lei sono andati via i suoi sogni.Si, perchè questa giovane madre, che sognava di fare l’attrice, era andata a lavorare all’Orditura Luana a Oste di Montemurlo, per garantire un futuro dignitoso al proprio bambino di 5 anni. Ma proprio sul posto di lavoro, ha perso la vita. 

 Lo scorso 3 maggio, mentre si trovava da sola nei pressi del macchinario, in un punto raggiungibile solo con la saracinesca alzata, Luana restò agganciata alla staffa per la manica della tuta da ginnastica e per lei, che oltretutto non indossava il camice, non ci fu scampo. 

La famiglia rifiuta il risarcimento 

Ora è arrivata una notizia molto forte. La famiglia di Luana D’Orazio ha rifiutato l’offerta di risarcimento da 1,2 milioni di euro presentata dalla compagnia assicurativa Unipol, con cui la ditta Orditura Luana aveva una copertura assicurativa. Questo rifiuto giunge a pochi giorni dall’udienza preliminare del procedimento, fissata per il prossimo 7 aprile, nella quale compariranno i 3 imputati accusati di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele del macchinario a cui lavorava Luana: la titolare dell’azienda Luana Coppini, il marito Daniele Faggi considerato ‘titolare di fatto’ dall’accusa e il tecnico manutentore esterno Mario Cusimano.

La mamma di Luana D’Orazio, Emma Marrazzo, in un’intervista pubblicata ieri sul Corriere della Sera, ha spiegato perchè la sua famiglia ha rifiutato il risarcimento: “Questa storia di denaro sbandierato ai quattro venti come se la morte di mia figlia avesse un prezzo mi fa stare male. Il dolore non si quantifica e non si mercifica e comunque queste cose vanno fatte nelle sedi opportune, perché per me, gettarmele addosso, sono come pugnalate al cuore”.

La donna ha aggiunto: “Tra poco più di un mese sarà un anno che piango Luana.E il 7 aprile si aprirà a Prato il processo con i tre imputati. E allora se queste persone vogliono preparare strategie di difesa lo facciano in silenzio senza tormentare me e la mia famiglia. Non si può giocare con la vita di una famiglia colpita duramente da una tragedia. Io sto vivendo un calvario infinito ma il mio dolore non viene rispettato“, concludendo così: “Ho solo due grandi desideri: che sia fatta giustizia e che non ci siano più morti sul lavoro”. 

 

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