Praticano l’infibulazione a una donna dopo il parto: a processo due medici

Londra: rischiano fino a 14 anni di carcere i due medici di fede islamica che avrebbero praticato una re-infibulazione ai danni di una donna che aveva appena partorito. Dopo 30 anni dal varo della legge, si aprirà il primo processo.

Praticano l’infibulazione a una donna dopo il parto: a processo due medici

Nel Regno Unito la legge contro l’infibulazione è datata almeno 30 anni e negli ultimi mesi era sceso in piazza anche il premier David Cameron per prendere parte alle campagne politiche a difesa delle donne vittime di questa atrocità.

Finalmente prendono il via due processi: entrambi alla ricerca della colpevolezza di due medici di fede islamica che, secondo l’accusa, avrebbero praticato questa atroce pratica mutilatoria ai danni di una donna che aveva appena partorito. Dhanuson Dharmasena e Hasan Mohammed, rispettivamente di 31 e 40 anni dovranno presentarsi il prossimo 15 maggio in tribunale, per loro la condanna potrà arrivare fino a 14 anni di carcere. Secondo l’accusa, le prove della loro colpevolezza sono “inconfutabili”, la mutilazione dei genitali alla donna sarebbe stata praticata per la seconda volta. Nella prima occasione la vittima era ancora minorenne ma un parto vanificò l’esito della pratica, nel secondo caso la mutilazione fu eseguita nel 2012 presso il Whittington Hospital proprio nella capitale inglese

Dopo 30 anni dall’entrata in vigore della legge contro l’infibulazione sono stati ben 160 i casi giunti nei tribunali, ma gli imputati sono sempre stati prosciolti ancor prima che il processo avesse inizio. Si ritiene che la giustizia fosse stata condizionata dal gran numero di musulmani residenti nel Regno, non sarebbero state poche le reazioni negative che un processo con relativa condanna avrebbe comportato.

Eppure nello stato inglese si contano almeno 66mila donne costrette a vivere con mutilazioni genitali, mentre almeno 20mila rischiano di vivere questa barbarie. Nell’ordine delle migliaia sono anche le donne che dal 2009 ad oggi sono state ricoverate nei vari ospedali britannici per gli esiti nefasti della pratica. Spesso si verificano emorragie, impossibilità alla minzione e infezioni di non poca gravità.

Cosi nel Regno Unito, e non solo, si riaccende il dibattito su questa pratica che mentre in mezzo mondo è condannata, in non pochi paesi è tollerata se non anche incoraggiata. Per l’Oms, sono più di 135 milioni le donne che nel mondo sono state infibulate, tra i paesi primeggiano l’Egitto e gli stati dell’Africa centrale. 

Il procuratore britannico che rappresenta l’accusa nel prossimo processo contro i due medici, ritiene che le prove a loro carico sono “sufficienti e incontrovertibili”, cosi si accendono forti anche le speranze delle associazioni contro le mutilazioni genitali. L’auspicio è che il caso sotto processo a Londra possa costituire un precedente per quelli futuri, intanto l’ospedale ha avviato un’indagine interna che ancora non si è chiusa.

Curioso il caso di un altro ospedale londinese, a sud della capitale dove oltre 1300 donne fino ad oggi sono state curate proprio per le complicanze dell’infibulazione. Sarebbe infatti del Regno Unito il triste primato europeo per numero di donne mutilate dei genitali, a incidere sui numeri la forte presenza di donne di fede musulmana residente.

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