Pisa, autista di bus morì per un mesotelioma pleurico a causa dell’amianto: condannata Enel

La sezione lavoro del Tribunale di Pisa ha condannato Enel al risarcimento di 800.000 euro di danno in favore della famiglia di Danilo Fedeli, l'autista di bus deceduto il 19 aprile di dodici anni fa a 69 anni per mesotelioma pleurico di origine professionale.

Pisa, autista di bus morì per un mesotelioma pleurico a causa dell’amianto: condannata Enel

Danilo Fedeli, l’autista di bus deceduto il 19 aprile di 12 anni fa è stato ucciso dall’amianto presente nelle tute degli operai che trasportava. A certificarlo, con una apposita sentenza, è stata la sezione lavoro del Tribunale di Pisa. Fedeli è deceduto per un mesotelioma pleurico di origine professionale. Ha lasciato la moglie Carmelina e i due figli, Barbara e Simone. Fondamentali durante il processo sono state le parole di un testimone.

Quest’uomo ha dichiarato che le tute in questione erano fornite da Enel S.p.A. Per questo adesso l’azienda che produce e distribuisce energia elettrica su tutto il territorio nazionale è stata condannata ad un risarcimento danni pari a 800.000 euro. Fedeli lavorava come autista di bus in Val di Cecina, sempre in Toscana. L’uomo ha prestato servizio per più di 30 anni, e ogni giorno è venuto a contatto con l’amianto presente sulle tute, un materiale che è indicato come altamente tossico e causa di malattie incurabili. Per ottenere il risarcimento la famiglia si è rivolta all’Osservatorio nazionale amianto Val di Cecina.

Fedeli praticava molti sport

L’Osservatorio, secondo quanto spiega Fanpage, ha investito della tutela legale il presidente nazionale, avvocato Ezio Bonanni e l’avvocato Massimo Deiana. I legali hanno depositato il ricorso giudiziario presso il Tribunale di Pisa, che, dopo aver eseguito tutti gli accertamenti necessari ha condannato l’Enel. 

Oltre alle 800mila euro, l’azienda dovrà pagare interessi e rivalutazioni. Un altro testimone ha invece dichiarato durante il processo come gli operai non indossassero “mascherine né altre protezioni dalla polvere”. Tale circostanza avrebbe costretto gli operai a respirare l’amianto presente, materiale che poi si depositava sulle tute e su tutti gli altri indumenti. 

Fedeli praticava molti sport assieme ad un suo amico, che lo ha ricordato proprio in questo modo. Quando gli è stata diagnosticata la malattia, Danilo Fedeli si è chiuso in sè stesso e non praticava più nessuna attività sportiva. “La preoccupazione maggiore del signor Fedeli era quella di aver fatto sì che anche i familiari contraessero il mesotelioma per il fatto che lui tornasse sempre a casa con la tuta impolverata di amianto” – questo il ricordo di un amico. 

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