Anche oggi in Italia è una giornata nuova. Alcune regioni si sono svegliate di un altro colore andando a raggiungere le colleghe della categoria rossa o arancione. Si resta a casa, possibilmente con un po’ di castagne e vino rosso per festeggiare San Martino, rigorosamente nel nucleo familiare.
Per tutti i colori invece è di oggi la notizia dell’oscuramento di 5.500 siti illegali e canali pirata che trasmettevano in tutto il mondo contenuti protetti da diritti d’autore. In pratica oggi il vostro sito di partite di calcio o serie tv in streaming illegale non funzionerà. Ovviamente è giusto così. La pirateria non è mai stata buona pratica nonostante sin dagli anni passati abbia regalato anche ai meno abbienti la possibilità di acquistare il nuovo cd dell’artista preferito, di guardare la squadra del cuore o di guardare il film appena uscito al cinema anche se ripreso a mano da una telecamerina piazzata sulla poltrona.
Non siamo qui ad inneggiare alla pirateria in quanto costi e diritti di chi si assicura l’esclusiva della trasmissione di certi eventi sono ingenti, specie se parliamo di calcio. Il pallone è ormai gestito dalle televisioni e questo la dice lunga sugli interessi e gli introiti economici che un incontro trasmesso in diretta possa garantire. Ragion per cui la visione del calcio in tv o al pc è vincolata da appositi abbonamenti da sottoscrivere con le varie pay tv che hanno gettato le loro ancore anche sul web.
Quello che ci meraviglia è il tempismo con cui la mannaia taglia i cavi dello streaming nel mezzo di un lockdown a macchia di leopardo che molto probabilmente diventerà a macchia d’olio entro pochi giorni. E con la certezza (presunta) che, tra mille tamponi positivi o negativi a discrezione dei vari laboratori, il calcio non si fermerà. Con bar, pub, pizzerie che, pur avendo pagato i loro abbonamenti per offrire la visione del calcio ai loro clienti, sono costretti a chiudere le porte e lavorare solo con l’asporto, ecco che diventa obbligatorio gustarsi il campionato sul divano di casa. Senza assembramenti o contatti con sconosciuti, bevendo al proprio bicchiere lavato nella propria lavastoviglie, rispettando insomma uno dei tanti DPCM del giorno. Ma tra coloro che stappano una birra ghiacciata al calcio d’inizio figurano anche studenti in cerca di una prima occupazione, disoccupati sgambettati dal covid, gente entrata nel mondo degli esuberi, pensionati, figli da mantenere, e una marea di asintomatici in isolamento fiduciario. Per tutte queste categorie diventa oggi obbligatorio sottoscrivere un abbonamento Sky, DAZN, NowTV, Netflix, Prime per guardare la loro squadra del cuore o un film in TV. Ultimo baluardo della soddisfaziione personale in un periodo in cui non ce ne va bene una.
E alla mente mi vengono i vari bonus vacanza elargiti a Giugno per spingerci a visitare l’Italia, i bonus bici e monopattino per uscire di casa senza affollare i mezzi di trasporto, e poi le nuove chiusure con il bonus PC e WiFi. Tutte agevolazioni che il nostro Stato ha messo a disposizione per questi momenti difficili delle nostre vite. Ma poi questa indagine portata a termine proprio oggi mi fa venire in mente la prima volta che ho visto una partita in streaming online (ebbene si, ho usufruito anche io da studente in quanto malato del pallone) nel lontano 2006. Siti migliorati fino all’avvento di veri e propri abbonamenti “pezzotti” che consentivano di guardare la TV italiana all’estero. Insomma, sono tanti anni che la pirateria cerca di intrufolarsi tra le pay tv e i suoi clienti, ci sono state altre retate nel tempo. Mi chiedo quindi se fosse davvero necessario oggi, in un momento che ci sta gettando tutti nello sconforto, con un nuovo lockdown nazionale forse alle porte, calcare la mano proprio su questa indagine che ha lo scopo di obbligare altri utenti ad abbonarsi per non perdere quello che per molti è diventato l’unico sfogo della settimana. E chi non potrà farlo? Chi adesso non ha un lavoro e non ne ha la possibilità? Andrà a casa del vicino? Del parente? Dell’amico? Potrebbe creare altre occasioni di contagio?
Non era forse meglio in questi mesi dedicare le attenzioni della polizia di Stato ad investigare su quelle attività che non hanno provveduto a mettersi al passo con le contromisure al Covid? A visitare quei bar e ristoranti dove il tempo sembrava essersi fermato ed evitare di fare a Novembre di tutta l’erba un fascio e richiudere tutto in nome di una giustizia egualitaria che non sta portando i frutti sperati? Se davvero è così importante non sospendere il campionato di calcio (dove ci sono positivi ormai all’ordine del giorno che però vengono mandati a giocare in ogni lato del mondo con le loro nazionali), perché azionare proprio adesso lo switch off di questi siti che per quanto illegali (e assolutamente da condannare) consentivano un barlume di serenità nei fine settimana da reclusi ai quali siamo costretti? Perché non tenere in stand by questa indagine e premere il grilletto quando la situazione fosse per tutti, o quasi, tornata alla normalità? Perché non consentire ai tifosi di restare a casa e dover cercare uno schermo altrove o magari indurre un esercente ad aprire la sua attività per i clienti più fedeli solo durante le partite mantenendo le porte chiuse e proseguendo la vendita in asporto? Perché togliere ad una famiglia la possibilità di guardare un film tutti insieme che non danno ancora in tv?
Perché a volte non prevale il buonsenso e nessuno regala un bonus pur non chiamandolo per nome? Era l’occasione per mostrare ad un nutrito gruppo di appassionati italiani che si riesce a stare vicino anche a chi per mancanza di possibilità si impegna a restare a casa per seguire le direttive del governo. A volte non serve un bonus, a volte basterebbe accarezzare la gente come quando si consente ad un bambino ammalato di fare qualcosa che generalmente “non si può fare”. Solo per questa volta…