PESCARA: Era il 2 dicembre 2016, una giornata apparentemente normale. Jennifer Sterlecchini, 26 anni, si stava lasciando alle spalle una convivenza finita. Con l’aiuto della madre, era andata nella villetta di via Acquatorbida per recuperare le ultime cose. Tra un viaggio e l’altro tra il furgone e la casa, l’ex fidanzato Davide Troilo, con una calma apparente, aveva persino aiutato a caricare una lavatrice e salutato la madre di lei con cortesia. Ma dietro quella facciata serena, covava una furia pazzesca. Al terzo viaggio di Jennifer, la porta si è chiusa. Davide Troilo ha girato la chiave e l’ha fatta fuori con 17 coltellate. Dall’altra parte della porta, la madre di Jennifer ha sentito le urla strazianti della figlia: “Mamma, mi sta ammazzando”, senza poter fare nulla per fermare quella furia. Quando i carabinieri sono entrati, Troilo si era disteso a terra fingendo una colluttazione, ma la verità è emersa con chiarezza: aveva premeditato tutto. Jennifer lavorava come commessa in un negozio di scarpe del centro di Pescara. Giovane, solare e piena di sogni, stava risparmiando per trasferirsi in Spagna e iniziare una nuova vita. Un progetto spezzato nel peggiore dei modi, in una storia che la città non ha mai dimenticato.
L’impegno della famiglia Sterlecchini
Da allora, la madre Fabiola Bacci e il fratello Jonathan Sterlecchini hanno trasformato il loro strazio in un impegno quotidiano. Sono loro, insieme ad altre famiglie di persone fatte fuori, ad aver raccolto 50mila firme per una battaglia diventata realtà nell’aprile del 2019: la legge che esclude il rito abbreviato per i reati punibili con l’ergastolo. “Niente sconti di pena a chi ha fatto fuori”, ricorda Jonathan con determinazione. Una vittoria che ha dato un senso a tanto strazio, ma che non basta a fermare il disgrazia dei femminicidi. A confermarlo sono i numeri: 98 donne fatte fuori dall’inizio dell’anno, e la conta, aggiornata al 17 novembre, non si ferma. È per questo che Jonathan e Fabiola hanno deciso di partecipare alla docuserie di Sky Crime “Una ogni 72 ore”, che ieri sera ha raccontato, come ultima delle quattro storie, quella di Jennifer. Non solo la cronaca della sua fine, ma anche la sua vita: i sogni, le passioni e il suo amore per la famiglia.
L’intervista a Jonathan Sterlecchini
Jonathan, perché avete deciso di ripercorrere tutto quel strazio? “Il nostro primo obiettivo è sempre quello di ricordare Jennifer, ma anche di continuare le battaglie che abbiamo portato avanti in questi anni. La legge è stata un risultato importante, ma la strada è ancora lunga.” Si riferisce alla raccolta firme? “Sì, grazie alle nostre 50mila firme e al lavoro fatto in Parlamento, oggi per i reati efferati non c’è più il rito abbreviato. È una conquista: penso al caso di Giulia Tramontano. Il processo contro Impagnatiello è durato meno di un anno e si è concluso con l’ergastolo.” Di recente il padre di Giulia Cecchettin ha parlato di perdono. Lei cosa ne pensa? “Perdonare? No, mai. È qualcosa di troppo grande. E poi, da parte della famiglia di Troilo, non c’è mai stata una vera parola di avvicinamento, un gesto sincero. Non è possibile perdonare.” A otto anni dalla disgrazia, Troilo è ancora un pensiero costante? “Sì. Sarebbe una bugia dire il contrario. Passo nei posti dove lui e mia sorella andavano insieme e i ricordi riaffiorano. È impossibile cancellarlo.
Il ricordo di Jennifer e l’importanza di cogliere i segnali
Questo sarà l’ottavo Natale senza Jennifer. Uno strazio che non si rimargina. “Jennifer non aveva grosse pretese,” racconta Jonathan. “Era attaccatissima alla famiglia. Quando le cose non andavano, lei tribolava forse più di me. La nostra forza è stata restare uniti, anche nei momenti più difficili.” Ma Jonathan e Fabiola vogliono che la storia di Jennifer serva a qualcosa, soprattutto a chi, da fuori, potrebbe cogliere i segnali di una relazione nociva. “Spesso un’amica o un familiare riesce a vedere ciò che chi vive dentro la relazione non nota. Certi comportamenti il controllo ossessivo, la gelosia estrema non vanno sottovalutati. Anche noi, col senno di poi, abbiamo riconosciuto questi segnali. Ma quando ci sei dentro, non ti rendi conto.” Jennifer, infatti, non aveva denunciato Troilo. Lo aveva già lasciato una volta, ma lui era tornato, dicendo di stare male, di avere bisogno di lei. Un copione tristemente noto, un comportamento manipolatorio che spesso si ripete in queste storie. “All’apparenza lui era tranquillo, educato. Invece ha pianificato tutto. L’ha lasciata caricare le sue cose sul furgone, ha finto normalità e poi l’ha fatta fuori.
Un monito che non si può ignorare
Oggi, la storia di Jennifer è un monito. La partecipazione alla docuserie di Sky Crime è l’ennesimo gesto di coraggio della sua famiglia. “Mostriamo la realtà, mettiamo la nostra faccia e il nostro strazio affinché altre donne, altre famiglie, non si ritrovino nella nostra stessa situazione. Ogni segnale va preso sul serio, perché troppo spesso, come dimostrano i fatti, è già tardi.” Otto anni dopo, la voce di Jennifer Sterlecchini continua a risuonare. E attraverso la forza della sua famiglia, la sua memoria diventa uno strumento di consapevolezza e prevenzione, perché nessun’altra donna debba subire la stessa sorte.