Un uomo di 39 anni di Pescara è stato condannato a sei mesi di reclusione, con pena sospesa, per aver diffuso illecitamente una foto scattata di nascosto all’interno dello spogliatoio di un campo di calcio abruzzese. L’immagine, pubblicata su un gruppo WhatsApp di un’associazione sportiva dilettantistica, ritraeva due donne arbitro mentre si cambiavano dopo una partita, violando così la loro privacy in un momento di estrema vulnerabilità.
La foto, scattata presumibilmente da una finestra esterna, mostrava una delle due donne in abbigliamento intimo e l’altra indossare solo una maglietta. Le vittime, scoprendo la diffusione dell’immagine, hanno immediatamente sporto denuncia, scatenando un’indagine che ha portato alla condanna del 39enne.
Il giudice monocratico del Tribunale di Chieti, Luca De Ninis, ha stabilito la pena e condannato l’uomo anche al risarcimento delle due donne coinvolte, fissando la somma a duemila euro ciascuna come compensazione per il danno subito. Il pubblico ministero Natascia Troiano aveva inizialmente richiesto una condanna a nove mesi di reclusione, ma il tribunale ha optato per una pena inferiore con sospensione. I fatti risalgono a febbraio 2019, quando l’incidente si è verificato in un campo di calcio regionale.
La sentenza ha sollevato un forte dibattito sulla sicurezza degli spogliatoi e la tutela della privacy nelle strutture sportive, un tema particolarmente sentito nell’ambito delle competizioni dilettantistiche, dove spesso mancano adeguati sistemi di sorveglianza. L’autore materiale della foto è rimasto ignoto, e l’identificazione del 39enne si è basata sulla condivisione dell’immagine all’interno del gruppo WhatsApp.
L’episodio ha generato grande scalpore nell’ambiente calcistico e non solo, con molte associazioni sportive che hanno espresso la loro solidarietà alle arbitre coinvolte, sottolineando l’importanza di preservare un ambiente sicuro e rispettoso per tutti gli ufficiali di gara. Numerosi appelli sono stati lanciati per introdurre misure preventive più stringenti, con l’obiettivo di evitare che episodi del genere si ripetano. Le arbitre, venute a conoscenza della vicenda, hanno immediatamente denunciato l’accaduto, portando all’avvio di un’inchiesta che ha coinvolto la polizia postale e portato alla successiva identificazione e arresto del responsabile.