Alagie Jinkang, gambiano di 28 anni, nel novembre 2013, dopo aver risalito l’Africa, partendo dalla Libia ha attraversato il Mediterraneo. Oggi, preferisce non tornare a quei giorni, già lo fanno gli incubi notturni, e dice soltanto: “Ero certo che sarei morto, ma siamo sopravvissuti tutti“. Ora il giovane ha voltato pagina, dopo l’università a Palermo, il viaggio della sua vita continua: obiettivo il dottorato di ricerca in giurisprudenza, che conseguirà a Valencia, in Spagna.
Sbarcato a Pozzallo (RG), il primo pensiero del giovane è stato quello di imparare la lingua italiana. Ricevuto in regalo da un commesso (che presto sarebbe diventato suo amico) un vocabolario, ha meritato il soprannome “il professore”. Proprio in quel tempo, Enzo Bozza e Rosaria Palumbo, coppia torinese in vacanza a Pozzallo, vengono a conoscere “il professore” al Caffé Letterario, e decidono di “adottarlo”. Alagie accetta l’offerta, e li segue a Torino.
Enzo Bozza, chiamato “papà” da Alagie, racconta: “Ci ha stupito perché chiedeva solo di poter studiare. Era il suo più grande desiderio“. In quanto a percorsi di studio, la svolta arriva grazie a una borsa di studio, che il giovane avrebbe vinto all’International university college (Iuc) di Torino. Qui, nel 2016, ha ottenuto il master in diritto, economia e finanza comparati: di tutto ciò oggi è ricercatore.
Alagie Jinkang ha seguito lo stesso percorso che seguono migliaia di persone per disperazione, ma lui no, lui non era disperato in Gambia dove insegnava inglese, svolgeva l’attività di giornalista e, motivo della sua fuga, era un attivista politico. Lui stesso, nelle sue lezioni agli studenti, diceva di avere un pensiero critico, di non riuscire a tacere corruzione e soprusi del dittatore Yayha Jammeh che, dal 1994 al 2016, ha insanguinato il Gambia. “Ti metterai nei guai”, gli ripetevano gli altri insegnanti.
Proprio per le minacce, Alagie è stato costretto ad abbandonare la scuola. Rientrato al suo villaggio, l’ha trovato distrutto a causa della ricerca clandestina di diamanti e minerali da consegnare al presidente-dittatore. La sua attività di giornalista l’ha convinto a denunciare il fatto attraverso un’inchiesta su un giornale locale. Quindi, viene arrestato e destinato a un campo di lavoro. Di quel tempo racconta Alagie: “Più che prigionieri politici eravamo schiavi. E ci torturavano”. Ma, fortunatamente, è riuscito a scappare.
Alagie racconta il percorso del suo viaggio: Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger e Libia. Sorridendo, riferisce poi di aver girato tutta l’Europa: “Ho girato tutta l’Europa, in nessun posto ho trovato lo stesso calore dei fratelli italiani“. Ma non è qui che vuole impegnare la sua vita: “Finito il dottorato tornerò in Gambia, voglio cambiare il mio Paese” per sconfiggere corruzione e povertà, magari come presidente, ma “non per fare soldi“.