"Paziente omosex" sul referto: il caso che solleva dubbi su privacy e rispetto negli ospedali

Il caso del referto con la dicitura «Omosex» a Pescara evidenzia come anche in ambito sanitario sia fondamentale garantire privacy, rispetto e comunicazione inclusiva per tutti i pazienti.

"Paziente omosex" sul referto: il caso che solleva dubbi su privacy e rispetto negli ospedali

L’episodio che ha coinvolto Enzo Speranzini Anelli, 61 anni, all’ospedale di Pescara ha rapidamente acceso il dibattito sull’uso dei dati personali e sul rispetto della dignità dei pazienti all’interno delle strutture sanitarie.

La dicitura «Omosex» comparsa sul referto di una visita day hospital, accanto a nome e cognome del paziente, ha provocato in Anelli una forte sensazione di umiliazione, tanto da spingerlo a condividere quanto accaduto sui social, suscitando una larga ondata di solidarietà. Il paziente ha evidenziato come, al di là della sua esperienza personale, la situazione possa essere particolarmente delicata per persone più giovani o in condizioni di maggiore fragilità, per le quali il rispetto della privacy e la correttezza della comunicazione da parte del personale sanitario rappresentano un elemento fondamentale di fiducia.

Anelli si è domandato se un’etichetta simile sarebbe stata apposta per pazienti eterosessuali, sottolineando così la percezione di un trattamento potenzialmente discriminatorio. In seguito alla diffusione del caso, la ASL di Pescara è intervenuta con una nota ufficiale per fornire chiarimenti.

Secondo l’azienda sanitaria, la dicitura sarebbe stata inserita con il consenso del paziente durante la visita, alla presenza di testimoni, e avrebbe avuto esclusivamente finalità di rilevazione anamnestica ed epidemiologica. La ASL ha aggiunto che l’informazione non compariva nei documenti interni di ricovero né in altri atti indispensabili per l’erogazione delle cure, sottolineando quindi che la dicitura non avrebbe avuto alcun impatto sull’assistenza ricevuta.

Nonostante il chiarimento ufficiale, Anelli ha espresso dubbi sulla gestione del referto. Ha confermato che il documento era stato richiesto all’accettazione e trattato come parte integrante della sua cartella clinica, osservando che il giorno successivo la dottoressa che lo aveva visitato non era in reparto, sostituita da un collega «molto più simpatico ed educato». L’obiettivo del paziente non è procedere legalmente, ma stimolare una riflessione sul rispetto della dignità dei pazienti e sull’importanza di una comunicazione attenta e inclusiva in ambito sanitario.

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