Papa Francesco scrive una lettera ai sacerdoti: invito a guardare in alto

Papa Bergoglio riconosce le situazioni che molti sacerdoti e vescovi si trovano a vivere, a volte faticose, ma, come un padre, invita a guardare in alto.

Papa Francesco scrive una lettera ai sacerdoti: invito a guardare in alto

Nel 160° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Papa Francesco ha scritto una lettera ai sacerdoti in cui parla della loro vita, alla loro vita. Una lettera che vuole raggiungere il cuore, senza nascondere fatica e stanchezza, ma facendo rievocare la gioia del dono ricevuto.

In questi anni molti sacerdoti sono bersaglio di critiche e derisioni, alcuni non sono neppure considerati. Nonostante le fatiche, i preti, continuano a vivere nel servizio della Chiesa e del popolo di Dio. A questi sacerdoti il Papa si rivolge con l’affetto e l’amore di un padre.

Parla al sacerdote, non del sacerdote

Dolore, gratitudine, coraggio e lode, sono i quattro temi della lettera di Papa Francesco ai sacerdoti. Egli si rivolge alla persona del sacerdote oggi, inserito in una situazione concreta, non parla del sacerdozio in generale che potrebbe essere lontano dalla realtà, in un quasi riguardare altri preti, altri sacerdoti.

Dolore è il sentimento di sofferenza causato dagli abusi sessuali nella Chiesa. Oggi se ne parla spesso e l’errore di alcuni provoca vergogna a tutti e fa abbassare la testa. Il Papa ricorda che questo è un processo di purificazione necessario, in cui il Signore “Ci sta salvando dall’ipocrisia, dalla spiritualità delle apparenze”.

Se alcuni preti hanno causato danno a tutti gli altri, bisogna riconoscere anche che ci sono “tanti sacerdoti che, in maniera costante e integra, offrono tutto ciò che sono e hanno per il bene degli altri (cfr 2 Cor 12,15)”: questi sacerdoti portano avanti una vera paternità spirituale. Sono molti, innumerevoli coloro “che fanno della loro vita un’opera di misericordia in regioni o situazioni spesso inospitali, lontane o abbandonate anche a rischio della propria vita”. 

Gratitudine è l’arma potente che consente di andare oltre le difficoltà, le stanchezze, le derisioni: nasce dalla contemplazione e dal grazie per tutti i gesti di amore concreto, generoso, come possono essere il perdono, la pazienza, la sopportazione e la compassione ricevuti. Il Papa augura che lo Spirito doni a ciascun sacerdote l’aria fresca capace di rinnovare, non rattoppare, la vita e la missione. 

Coraggio, perché la vita non “è così“, non è vero che “non si può fare nulla“. Il Papa invita a sfiancare il fatalismo e lo scoraggiamento con la fiducia nel Signore che vengono dalla preghiera capace di dare la forza per continuare a camminare dietro a Gesù, il “buon pastore” che non abbondona mai le sue pecore. Il Papa suggerisce ai sacerdoti di restare davanti al Signore, anche se non è sempre facile, lasciando che il suo sguardo percorra la loro vita, ne guarisca il cuore ferito e lavi i “piedi impregnati dalla mondanità” che si è attaccata lungo la strada e “impedisce di camminare”. 

Lode, quella di Maria, il Magnificat da cantare se lo sguardo s’indurisce, se avvertono che apatia e desolazione iniziano a mettere radici nel cuore; se non sentono più la gioia di essere parte viva della Chiesa, se sentono il desiderio di un atteggiamento elitario, se sono tentati all’isolamento, alla chiusura, se lamenti, proteste, critiche, ironia hanno la meglio bloccando la voglia di combattere, di agire, di aspettare e di amare. In tutte queste situazioni, Francesco suggerisce il canto di lode di Maria.

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