Papa Francesco: oltre il "santino", il vero santo

Nella nona catechesi sugli Atti degli Apostoli, Papa Francesco parla di Stefano, il primo martire cristiano, occasione per parlare alle persone riunite in Piazza San Pietro, per l'udienza generale del mercoledì, di diakonia e martyria.

Papa Francesco: oltre il "santino", il vero santo

La Catechesi di oggi, mercoledì 25 settembre, all’udienza generale in Piazza San Pietro inizia facendo notare che anche la prima comunità cristiana dovette affrontare qualche problema. Papa Francesco avvia la riflessione con una domanda: “Come armonizzare le differenze che coabitano al suo interno senza che accadano contrasti e spaccature?“.

La prima comunità accoglieva giudei e greci, questi ultimi provenivano dalla diaspora, avevano cultura e sensibilità diverse, e anche un’altra religione. Sono quelli che oggi noi chiamiamo “pagani” suggerisce il Papa. La presenza di gruppi diversi ha determinato equilibri fragili e precari all’interno della comunità, motivi di mormorazione e di chiacchiericcio: una zizzania.

In particolare i greci lamentavano “la disattenzione della comunità nei confronti delle loro vedove“, sottolinea Papa Bergoglio. Gli Apostoli cercano e trovano una soluzione nella suddivisione dei compiti in modo che il Vangelo possa continuare ad essere annunciato senza tralasciare la cura delle persone più deboli.

Vengono così designati “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza” (At 6,3) uomini che per l’imposizione delle mani, dovranno occuparsi del servizio delle mense. Sono i diaconi, figure della chiesa create per il servizio, con un compito ben diverso da quello dei sacerdoti con cui devono operare in armonia.

Tra i sette “diaconi” si distinguono Stefano e Filippo. “Stefano evangelizza con forza e parresia, ma la sua parola incontra le resistenze più ostinate“, osserva il Papa sottolineando che il diacono è stato attaccato con la calunnia della falsa testimonianza capace di uccidere, sempre. Il Papa ne parla come di un “cancro diabolico”, che vuole “distruggere la reputazione di una persona, aggredisce anche il resto del corpo” danneggiandolo gravemente in particolare quando ci sono “meschini interessi o per coprire le proprie inadempienze, ci si coalizza per infangare qualcuno“.

Stefano, condotto nel Sinedrio viene accusato da falsi testimoni, come già era successo a Gesù, ma coraggiosamente rilegge la storia sacra con punto di riferimento Cristo, e senza mezze parole, “denuncia l’ipocrisia con cui sono stati trattati i profeti e Cristo stesso”. Toccati nel vivo condannano a morte, mediante lapidazione, Stefano.

 Stefano nel momento del martirio mostra qual è “la vera ‘stoffa’ del discepolo di Cristo“: accetta il martirio senza cercare alcuna via d’uscita, solo si mette nelle mani del Signore Gesù chiedendo di perdonare i suoi uccisori. Non sono le belle parole a testimoniare l’identità di figli di Dio, ma l’abbandono nel Padre e il perdono, ha sottolineato il Papa.

Ci sono martiri ovunque, anche oggi, ha detto Papa Francesco, anche di “più martiri che all’inizio della vita della Chiesa“, e il loro sangue, come scriveva Tertulliano, è “seme di nuovi cristiani“. Ma i martiri non sono dei “santini”, sono gli uomini e le donne che “hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello“, come si legge nell’Apocalisse.

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