Papa Francesco: non si prega per stare tranquilli

Non esistono trucchi davanti a Dio perché egli conosce fino in fondo il nostro cuore. Nella preghiera del Padre nostro, Gesù insegna a pregare insieme: la parola “io”, infatti, non esiste e il Papa invita a pregare per i poveri.

Papa Francesco: non si prega per stare tranquilli

Papa Francesco si è rivolto ai fedeli riuniti in Aula Paolo VI per l’Udienza generale del mercoledì, approfondendo il significato della preghiera del Padre Nostro, la preghiera cristiana per eccellenza perché insegnata da Gesù stesso. 

Le sue parole hanno invitato a riflettere sul modo con cui il cristiano prega. Pregare per stare tranquilli non è preghiera, come anche pregare pensando solo a se stessi non porta a nulla, perché la preghiera è “supplica” che chiede il pane “per tutti i poveri del mondo”. 

I passaggi della riflessione

La vera preghiera, ha detto Papa Francesco, non è fatta per essere ammirati dalla gente, come Gesù stesso ha insegnato ai suoi discepoli invitandoli a non fare come i farisei che pregano “dritti in piedi nelle piazze per essere ammirati dalla gente”. Questo modo di pregare è ipocrita. La vera preghiera avviene nel segreto della coscienza e del cuore, che solo Dio scruta e vede. Qui, nel segreto dell’intimo, è impossibile fingere. Nessun trucco ha potere, perché Dio ci conosce fino in fondo: inutile fingere.

La preghiera, il dialogo con Dio, avviene in silenzio, in un incrocio di sguardi d’amore tra l’uomo e Dio. Guardare e lasciarsi guardare dal Signore: questa è la preghiera, una bella preghiera! In questa preghiera c’è posto per l’altro, per le situazioni, e le persone. Nel Padre Nostro, infatti, la parola “io” è assente.

Nella prima parte del Padre nostro, Gesù insegna il dialogo con Dio, insegna a dargli del “Tu”; nella seconda parte, la preghiera continua utilizzando la prima persona plurale: “dacci il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal male”. Perché ogni supplica che facciamo a Dio, anche quella più elementare per l’uomo – come quella del cibo – non è mai solo per sé, ma lo è anche per tutti i poveri del mondo.

Qui, il Papa ha raccontato un aneddoto per spiegare quanto il “noi” porti alla pace: “Una volta il cappellano di un carcere mi ha fatto una domanda: “Mi dica, padre, qual è la domanda contraria a ‘io’?”. E io, ingenuo, ho detto: “Tu”. “Quello è l’inizio della guerra. La parola opposta a ‘io’ è ‘noi’, dove c’è la pace, tutti insieme”.

Può accadere che una persona non s’accorga di chi soffre, non riesca a impietosirsi tanto il suo cuore è divenuto di pietra. A chi si sente in questa situazione, il Papa ha suggerito una preghiera semplice: “Intenerisci, Signore, il mio cuore, perché possa capire e farsi carico di tutti i problemi, tutti i dolori altrui”. Il “sentire compassione” è “uno dei ‘verbi-chiave’ del Vangelo“.

Dopo una serie di domande per far propria la riflessione e calarla nella vita, il Papa ha ricordato che “Gesù non è venuto per i sani, ma per i malati e per i peccatori“, un invito a non temere e a riprendere in mano la propria vita secondo lo stile del Vangelo.

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