Papa Francesco: "guai a chi vive sparlando degli altri e mai pensa a se stesso"

Durante la celebrazione a Santa Marta, Papa Francesco invita a non puntare il dito, a non fermarsi sul peccato degli altri ma a guardare nel profondo del proprio cuore

Papa Francesco: "guai a chi vive sparlando degli altri e mai pensa a se stesso"

La vita cristiana autentica non ha nulla a che vedere con chi “vive sparlando degli altri, accusando gli altri e mai pensa a se stesso“, lo ha detto Papa Francesco durante l’omelia a Santa Marta. Già domenica durante l’Angelus, aveva detto “ipocrita” a colui che, superbo e avaro, non esita a puntare il dito verso il prossimo, aveva definito “cani selvaggi” quelli che cercano “scandalo e divisione“. Nello sfondo di queste sue affermazioni va, inevitabile, il pensiero a quanto ha scatenato con le sue affermazioni l’ex nunzio Carlo Maria Viganò.

Ciascun cristiano può verificare se cammina nella via indicata dal Vangelo osservando il suo modo di agire: “Un segnale che un cristiano non sa accusare se stesso è quando è abituato ad accusare gli altri, a sparlare degli altri, a mettere il naso nella vita altrui”, ha affermato Papa Francesco definendo questo indicatore “un brutto segnale” come si legge in Vatican News.

Il messaggio di Papa Francesco

Il Vangelo del giorno commentato dal Santo Padre parla della “pesca miracolosa“. Gesù chiede a Pietro di salire sulla barca e, dopo una notte infruttuosa, di tornare a gettare le reti. La gran quantità di pesci raccolta, inaspettata per un pescatore come Pietro che conosce cosa ci si può aspettare dal lago di Gennèsaret in pieno giorno, lo mette in ginocchio davanti a Gesù esclamando: “Signore, allontanati da me perché sono un peccatore”. In questo atteggiamento di Pietro, Papa Bergoglio, ha indicato il primo passo, quello decisivo per essere discepoli di Gesù: ammettere di essere peccatori.

Sappiamo di essere peccatori“, ha continuato il Papa, ma ammetterlo “Non è facile“, in qualche modo ci giustifichiamo dicendo: “io sono umano” o ancora “io sono cittadino italiano”. Il sapere di essere peccatori non è sufficiente, è necessario “sentirsi miserabili”, miseri, piccoli davanti al Signore e questo lo si fa con il cuore, non con le parole soltanto. Tutto comincia “con la confessione sincera dei propri peccati“, questo atteggiamento porta alla salvezza.

Papa Francesco ha poi invitato a interrogarsi su come ci si accosta al sacramento della penitenza, se quanto riconosciamo come male per la nostra vita appartiene a un elenco, “Bla, bla, bla… Ho fatto questo, questo…”, oppure se invece è qualcosa che tocca il cuore per cui sentiamo il dispiacere di aver peccato.

La conversione, sembra dire Papa Francesco, porta dalla vergogna che prova chi riconosce il peccato allo stupore di sentire che siamo “salvati“, perdonati. La penitenza, secondo il Vescovo di Roma, evita di farci cadere nella tentazione di non guardare a noi stessi, ma agli altri, accusandoli. Per ultimo ha invitato l’assemblea a chiedere al Signore la grazia di stare davanti a Lui con stupore per la sua presenza nonostante la chiarezza di essere peccatori e come Pietro poter dire: “Allontanati da me perché sono un peccatore”. 

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