L’agenzia di pompe funebri appartenente al padrino del centro città di Palermo è sempre stata aperta e piena di gente, nonostante il proprietario sia stato condannato al carcere duro dal luglio 2013.
Addirittura davanti alla sede principale, sita vicino la facoltà di Giurisprudenza e il Municipio, a fine luglio si fermò la processione della Madonna del Carmine. Per questo motivo, che ricorda l’ennesimo inchino al reuccio di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio, il pubblico ministero Dario Scaletta ha disposto il sequestro dei suoi beni, comprese dunque le onoranze funebri.
L’attività di servizi funebri di via Ponticello 13 era intestata a due cognate del boss, Teresa Mangiaracina e Cosima Fuschi, rispettivamente moglie di Iano D’Ambrogio e moglie di un altro fratello del capomafia, Gaetano. Il boss apparentemente non possiede nulla e nel 2003 ha addirittura dichiarato redditi per 659 euro, e l’anno dopo per 166 euro. Invece era proprio lui il capo dell’agenzia di pompe funebri, dove si tenevano riunioni e incontri della cosca.
I sigilli sono stati apposti anche a un appartamento che il boss divide con la madre Maria, in via Tricomi, a tre negozi e per una Minicooper Sd Countryman. Questo ennesimo patrimonio illecito sarà gestito da un amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Palermo.
Il giorno in cui si verificò l’inchino della Madonna del Carmine erano presenti i tre fratelli del boss D’Ambrogio, proprio davanti all’agenzia di pompe funebri di via Ponticello: c’erano Franco, Iano e Gaetano, con amici e parenti. La processione non si ferma per loro ma per Alessandro D’Ambrogio, con una sosta abbastanza prolungata che è la più lunga di tutta la processione. Quel giorno non ci sono fuochi d’artificio ma i D’Ambrogio chiedono ai frati di avvicinare alla statua due bambini appartenenti alla famiglia.
Un gesto simbolico, che riceve l’approvazione di Franco D’Ambrogio, che saluta sorridendo. E solo dopo la processione riprende il suo corso. Le rivelazioni dell’ultimo pentito di mafia, Vito Galatolo testimoniano che al summit in cui si programmò l’attentato al pm Di Matteo c’era anche Alessandro D’Ambrogio. In quell’incontro pare avessero messo 70 mila euro per l’acquisto del tritolo in Calabria. Il valore del sequestro è di circa due milioni di euro.