Le parole accorate dell’assessore alla sanità della regione Veneto, Luca Coletto (“Faccio appello a chiunque venda gratta e vinci o altri giochi d’azzardo negli ospedali veneti: vengano subito ritirati. È un appello al buon senso e a un gesto significativo contro la ludopatia, che sappia andare oltre gli eventuali contenuti contrattuali”), sono state prese in considerazione dai responsabili dell’Ospedale di Schiavonia, vicino a Monselice, Padova.
Domenico Scibetta, il direttore generale dell’Usl 6 Euganea, ha disposto la sospensione della vendita di “gratta e vinci” a partire da ieri 13 ottobre: i tagliandi finora venivano venduti presso l’edicola di Gianni Zerbetto che si trovava nella hall dell’ospedale “Madre Teresa” di Schiavonia.
Fino a qualche giorno fa, non c’era alcun problema a vendere “i biglietti della fortuna” nei pressi di un ospedale ma, negli ultimi giorni, l’ospedale vicentino di “Santorso”, a Schio, è stato accusato di accogliere i rivenditori di “gratta e vinci” mentre – nello stesso ospedale, al piano sopra – c’è un ambulatorio che cura proprio le ludopatie: un controsenso.
Lo stesso assessore ha fatto notare che quello dei “gratta e vinci” è uno dei controsensi “che dobbiamo comunque allo Stato che, come per le tasse sul fumo, fa di tutto per lucrare persino su attività dannose alla salute, salvo poi lanciare campagne contrarie che testimoniano di una elevata dose di ipocrisia”.
Il gioco d’azzardo in Italia – afferma Coletto – ogni anno fa un giro d’affari pari a 80 miliardi di euro, un’entrata molto vicina all’intera dotazione del Fondo Sanitario Nazionale, con il quale si curano le malattie, comprese quelle delle ludopatie. Lo Stato, con questi “giochi”, incassa circa sei miliardi di tasse ma, per curare le malattie che ne derivano, se ne spendono otto: inoltre, rovinano vite e famiglie. L’assessore si augurava di essere ascoltato, e così, almeno in un caso, è stato.