Maurizio Bossetti, l’uomo che è accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, lo scorso 26 aprile ha scritto una lettera ai suoi legali, mostrata in questi giorni da Quarto Grado, in cui afferma: “Lotterò fino alla fine contro questo grandissimo, fottutissimo errore giudiziario“. Bossetti, quindi, ringrazia i suoi avvocati: “Volevo congratularmi almeno con lo scritto dicendovi grazie per tutto il grandissimo lavoro che state facendo, grazie per tutto il tempo che state dedicando su questo difficile, drammatico lavoro, privandovi quasi del tutto della vostra vita famigliare. Volevo farvi notare che apprezzo moltissimo tutti i vostri sforzi, talmente faticosi in questo terribile caso caduto ingiustamente nei miei confronti, e soprattutto per dire a tutti voi, che ho estremamente fiducia al 100% per il grandissimo, faticoso lavoro che state facendo”.
Poi si sofferma proprio sulla vittima, Yara Gambirasio: “Credetemi: non so chi fosse Yara, non ho mai conosciuto Yara e non riesco a darvi una spiegazione perché io mi trovo in questo schifo, ma una cosa voglio farvi capire e lo griderò sempre da queste fottutissime sbarre e mura che mi circondano: io in tutto questo non c’entro assolutamente niente, io sono del tutto estraneo a questo maledettissimo omicidio, io non avrei mai potuto commettere una cosa così talmente atroce, infamante nei miei confronti. Anch’io chiedo Giustizia come i genitori della povera Yara e dunque non è giusto pagare per qualcuno che in verità ha commesso questo tragico delitto, facendola franca”, ha concluso Bossetti.
Bossetti, peraltro, è accusato di calunnia ai danni di un collega, sul quale aveva cercato di indirizzare le indagini. Per quanto riguarda l’omicidio di Yara, le prove raccolte dalla Procura di Bergamo sembrano schiaccianti: è stato trovato il suo Dna sugli slip e sui leggins della ragazzina, oltre alle immagini che riprendono un furgone Iveco bianco come il suo girare attorno alla palestra di Brembate per un’ora, fino a pochi minuti prima della scomparsa di Yara. O ancora, le ricerche su Google di Bossetti con le parole ‘tredicenni‘ e ‘vergini‘, oltre alle fibre dei sedili del suo furgone identiche a quelle trovate sui pantaloncini e sul giubbotto della vittima.