Carcere a vita per Franco Bianco, Vincenzo Schiavone e Giuseppe Misso. Dodici anni a Raffaele Piccolo. Assolti Mauro Mario e Massimo Vitolo. E’ stato letto nel primo pomeriggio di giovedì il verdetto per l’omicidio di Raffaele Lubrano. Il presidente della terza sessione della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, Maria Alaia, ha letto la sentenza al termine di una lunga camera di consiglio. Ergastolo per Biano, Schiavone e Misso. Riconoscimento dell’articolo 8 con conseguente riduzione della pena per il collaboratore Piccolo, difeso dall’avvocato Carmen Lo Russo, assolti Vitolo e Mauro Mario, difesi dall’avvocato Angelo Raucci. Raffaele Lubrano in base alla versione fornita dai collaboratori di giustizia, venne ammazzato per un duplice motivo: la necessità del gruppo Schiavone di riaffermare la propria supremazia nei territori dell’Agrocaleno e vendicare l’uccisione di un parente di un elemento di vertice del clan dei casalesi, Enrico Martinelli, il cui fratello Emilio fu vittima di un agguato che sarebbe stato ordito dal Lubrano a metà degli anni ’80.
Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, i Casalesi, con l’eliminazione del figlio del capo di un concorrente gruppo criminale, il clan Lubrano – Ligato, che aveva cercato di ritagliarsi autonomi spazi nella gestione delle attività estorsive, avrebbero dato una prova di forza a quella che avrebbero ritenuto una “cellula” minore.
Con quell’assassinio però avrebbero fatto “giustizia” della morte di Emilio Martinelli.
Raffaele Lubrano all’epoca 43 enne, figlio di Vincenzo e genero del defunti capo clan di Marano, Lorenzo Nuvoletta, venne crivellato di colpi il 14 novembre del 2002. I killer entrarono in azione nel centro di Pignataro Maggiore, sotto gli occhi di diverse persone. Lubrano a bordo del suo fuoristrada Toyota, lasciò il suo ufficio in via Vittorio Veneto. Venne affiancato da un’autovettura, e cercò disperatamente di trovare una via di fuga, per arrivare alla villa bunker del padre, in Contrada Taverna, ma gli inseguitori furono più veloci di lui. I sicari imbracciavano fucili mitragliatori e inseguirono la loro vittima a lungo per le strade del centro storico del paese.
Nonostante l’autovettura guidata da Lubrano fosse stata colpita da diversi colpi d’arma, il bersaglio dei Casalesi tentò la fuga anche invertendo il senso di marcia. Poi scese dalla macchina percercare di scampare alla morte correndo a piedi. I killer però lo raggiunsero e lo uccisero.