Omicidio Massimo Melis, il sospettato: "Ero nei video perché ho il bar lì vicino"

Luigi Gino Oste è sempre rimasto nel bar L’Angelo Azzurro a Torino. Da qui cercava di carpire dagli avventori del locale le informazioni che le forze dell’ordine avevano raccolto sull’omicidio di Massimo Melis, il 52enne ucciso.

Omicidio Massimo Melis, il sospettato: "Ero nei video perché ho il bar lì vicino"

Aveva già scontato una lunga pena per spaccio di stupefacenti alla fine degli anni Novanta Luigi (Gino) Oste, arrestato per l’omicidio di Massimo Melis a Torino.

L’ultimo guaio con la giustizia lo aveva avuto a giugno per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. A suo carico anche l’accusa di ricettazione di merce rubata, ma prima di qualche giorno fa non aveva mai ucciso. 

La vicenda

Oste, 62 anni, ha impugnato per la prima volta la pistola nella notte di Halloween contro l’operatore della Croce Vede con il quale non aveva mai parlato. Ha aspettato che riaccompagnasse a casa l’amica Patrizia (ed ex fidanzata) per poi ucciderlo con una sola pallottola alla tempia sinistra.

L’uomo di 62 anni da tempo corteggiava l’amica di Melis che vedeva come un rivale in amore. Anni prima era stato sposato con una donna cinese madre di due figli. I quattro erano andati a vivere insieme dopo che Oste aveva divorziato dalla prima moglie: avevano preso casa in Barriera di Milano, nei palazzoni di Corso Vercelli.

Insieme avevano rilevato qualche anno fa un Bar dove Gino, che aveva una partita Iva inattiva come impresario edile, aveva iniziato a lavorare. Quando la compagna è morta per un tumore, Oste ha iniziato a frequentare il cimitero tutti i giorni. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che proprio lui fosse l’assassino di Massimo Melis. “Non avevamo capito che potesse essere lui il pregiudicato del quale si parlava sui giornali – racontano a Torino Today i residenti del quartiere Barriera di Milano -. Sapevamo potesse essere una persona della zona, ma non immaginavamo fosse Oste. Poi qui al bar tutti si fanno i fatti di tutti e lui sembrava il più curioso di tutti“.

Domande, le sue, utili a capire cosa si sapesse sull‘omicidio di Massimo Melis del quale parlavano tutti nel quartiere.Da 13 anni Oste lavorava nel bar L’Angelo Azzurro. Proprio da qui cercava di capire cosa le forze dell’ordine sapessero sulla morte dell’autista della Croce Verde. Da quando è stato arrestato, il locale ha abbassato la saracinesca con la dicitura “chiuso per restauro“.

Il suo avvocato, Salvo Lo Greco, si è opposto alla richiesta di misura cautelare sostenendo che non c’è per l’imputato il pericolo di fuga. Oste infatti è sempre rimasto nella sua abitazione di corso Vercelli 163 e ha continuato a lavorare nel bar L’Angelo Azzurro senza mostrare alcuna preoccupazione.

Il legale ha inoltre sostenuto che il fatto che Oste sia stato inquadrato dalle telecamere di videosorveglianza della zona la sera del delitto non sia rilevante.Per il momento l’arma del delitto non si trova e Gino Oste si rifiuta di rispondere alle domande. Non vi sono neppure testimoni dell’accaduto. Le indagini si preannunciano non facili anche da questo punto di vista. Al momento gli inquirenti si domandano se il 62enne abbia o meno avuto un complice. La decisione sulla custodia cautelare sarà depositata nella giornata di oggi.

Continua a leggere su Fidelity News