Arriva ad una svolta clamorosa l’indagine sulla scomparsa di Maria Chidamo, la donna che scomparve il 6 maggio del 2016 dalla sua tenuta di Limbadi, nel vibonese. Nelle ultime ore, il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, di 55 anni, ha reso delle dichiarazioni spontanee all’autorità giudiziaria, affermando di essere a conoscenza di quanto avvenuto alla Chindamo.
Il racconto che l’uomo ha fatto agli inquirenti è sconcertante ed è stato messo a verbale. Cossidente ha condiviso il carcere con Emanuele Macaluso, un esponente del clan ritenuto mafioso di Limbadi, legato alla ‘Ndrangheta, appunto la criminalità organizzata calabrese.
Secondo il racconto di Cossidente, l’imprenditrice Maria Chindamo si sarebbe rifiutata di cedere un terreno di sua proprietà a Salvatore Ascone, meglio conosciuto in zona come “U pinnularu”. Costui sarebbe stato legato al clan di Macaluso. Ascone negli anni scorsi fu già arrestato in quanto ritenuto responsabile del delitto, ma fu poi scarcerato dal Tribunale del Riesame. Ma adesso le dichiarazioni di Cossidente potrebbero avere ripercussioni e segnare la svolta definitiva del caso.
Fatta a pezzi con il trattore e data ai maiali
Visto il suo rifiuto, quindi, la criminalità organizzata avrebbe deciso di liberarsi della Chindamo in una maniera che fa accapponnare la pelle. Secondo il racconto del collaboratore di giustizia, la donna fu uccisa con un trattore, schiacciata e fatta a pezzi per poi essere data in pasto ai maiali. Un racconto che ha scioccato anche l’autorità giudiziaria. Cossidente ha spiegato che i terreni di Ascone fossero confinanti con quelli dell’imprenditrice, per cui voleva tutto ciò ad ogni costo. I rifiuti della donna erano stati numerosi.
Secondo il racconto di Cossidente si apprende che il corpo della donna venne fatto sparire probabilmente dallo stesso Macaluso, in quanto costui sarebbe stato consapevole che nel caso fosse successo qualcosa la responsabilità del delitto sarebbe caduta sui famigliari del marito della donna, il quale si era tolto la vita dopo che si erano lasciati. Un racconto tremendo quello di Cossidente, che adesso è al vaglio degli inquirenti.
Il collaboratore di giustizia ha spiegato che il corpo della Chindamo sarebbe stato fatto sparire proprio il 6 maggio 2016, in concomitanza con il suicidio di suo marito. Sarebbe stato un modo per poter depistare le indagini e far ricadere quindi i sospetti sulla famiglia del marito, come già detto in precedenza. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e affidata alla Direzione distrettuale antimafia.