Don Roberto, il prete della parrocchia di San Rocco nel cuore di Como, conosceva bene il suo assassino, tunisino, che aveva aiutato perché senza fissa dimora, sbandato come tutti gli ultimi cui aveva dedicato la vita, coloro che aiutava mettendo in pratica il Vangelo.
Lo chiamavo il prete degli ultimi perché aiutava i senza fissa dimora, le prostitute, gli immigrati. Chiunque bussasse alla sua porta, la trovava aperta e, soprattutto, trovava lui come punto di riferimento, instancabilmente disponibile.
Questa mattina, alle 7, aveva già caricato l’auto per il solito giro di distribuzione delle colazioni da portare ai bisognosi, quando è stato aggredito e accoltellato. Qualcuno di passaggio ha allertato i soccorsi che son arrivati poco dopo, ma non hanno potuto far nulla per salvare la vita del parroco cinquantunenne.
Quasi contemporaneamente, l’aggressore si è recato volontariamente nella caserma dei carabinieri per costituirsi. Vicino alla fontanella di San Rocco dove don Roberto è stato colpito, sono state lasciate subito delle rose gialle e poi è cominciata una vera e propria processione di persone per lasciare dei fiori o accendere una candela a ricordo di un prete tanto amato.
Questa sera, inoltre, Como si ritroverà in Duomo per la recita, guidata dal vescovo della città, del Santo Rosario in sua memoria. L’uccisione di don Roberto riporta purtroppo alla mente un fatto molto simile accaduto a un altro sacerdote in un altro quartiere della stessa diocesi comasca, oltre vent’ anni fa: don Renzo.
Don Renzo era parroco a Ponte Chiasso, quartiere comasco di frontiera che si affaccia proprio sulla dogana e, pertanto, luogo dove si radunavano e cercavano una sistemazione numerosi stranieri, spesso irregolari. Come don Roberto oggi, don Renzo era un sacerdote molto attivo nel campo dell’accoglienza, tanto che aveva destinato alcuni locali della sua parrocchia a ricoveri di emergenza per dare un tetto ai più disperati. E fu proprio uno di loro a colpirlo mortalmente con lo stesso, triste, epilogo odierno.