Niente tango e vietato fare briciole: la vita assurda imposta da un marito per 15 anni

Per 15 anni, una donna torinese è stata costretta a vivere sotto un regime di regole oppressive e umiliazioni inflitte dal marito, che le ha negato libertà e dignità, fino alla denuncia che ha portato alla condanna dell’uomo.

Niente tango e vietato fare briciole: la vita assurda imposta da un marito per 15 anni

Per quindici anni, una donna torinese ha vissuto in un regime di umiliazioni e regole assurde imposte dal marito. Il tribunale ha definito queste imposizioni una forma di “maltrattamenti a 360 gradi“. L’uomo, condannato a tre anni di reclusione per stalking, maltrattamenti e accesso abusivo alla mail della moglie, aveva stabilito una serie di divieti e obblighi che andavano dal controllo alimentare a restrizioni sul comportamento quotidiano. Tra le regole imposte, c’era il divieto di sprecare briciole quando si spezzava il pane e l’obbligo di mangiare anche la parte di salame congiunta alla pelle. L’estrattore di succhi era bandito perché considerato immorale, mentre la carne di cavallo al sangue e il vin brulé erano proibiti per motivi giudicati umilianti e insensati. Persino attività ricreative come ballare il tango erano vietate, per ragioni mai chiarite dall’uomo.

Una vita di controlli e correzioni

La donna racconta come il marito controllasse ogni aspetto della sua vita, inclusa la gestione del denaro. Il budget familiare era deciso esclusivamente da lui, e ogni minima spesa al di fuori dei limiti prefissati era motivo di discussioni e tensioni. Persino l’acquisto di un tavolino all’Ikea diventava una questione insormontabile. Anche la routine quotidiana era rigida: persino la domenica bisognava svegliarsi presto, vestirsi e non restare in pigiama, perché il marito considerava la pigrizia inaccettabile.

Ogni gesto della donna veniva corretto, creando un clima di continua tensione. Alla lunga, per evitare scontri, la donna aveva scelto il silenzio come unico mezzo di difesa.

La denuncia e il lungo percorso verso la giustizia

La decisione di denunciare è arrivata dopo anni di patimento, ma il percorso giudiziario è stato tutt’altro che semplice. La donna ha fornito prove concrete, tra cui foto, mail e video, ma ha descritto il processo come una sconvolgente esperienza, con la costante paura di non essere creduta. “Devi avere il coraggio di parlare in aula,” ha raccontato, “ma la vera paura è quella di non farsi capire.” Dopo cinque anni di attesa, il tribunale ha finalmente emesso una sentenza di primo grado. Tuttavia, la donna sottolinea quanto sia difficile affrontare il senso di smarrimento e abbandono che spesso segue una denuncia, complici i ritardi e i labirinti burocratici.

Un messaggio di speranza e rinascita

Oggi, a matrimonio e processo conclusi, la donna ha deciso di trasformare la sua afflizione in un messaggio di speranza. Ha aperto una pagina Instagram, “la_magliettagialla“, dove condivide video di balli e consigli per altre donne che si trovano a vivere situazioni simili. Il tango, una delle attività che il marito le aveva proibito, è diventato il simbolo della sua ritrovata libertà. Con forza e determinazione, la donna invita i bersagli di abusi psicologici a trovare il coraggio di denunciare e a non arrendersi, nonostante le difficoltà. Il suo percorso rappresenta un esempio di resilienza e una testimonianza importante nel contrasto alla violenza domestica.

 

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