Quattro esami all’università e sarebbe diventato avvocato. La legge era la sua passione e dopo il liceo lo aveva detto chiaramente di voler fare l’avvocato. Ma proprio quella giustizia che lui tanto amava lo ha condannato al carcere a vita. Nicola Schiavone, il primo figlio del boss del clan dei casalesi, Francesco Schiavone detto Sandokan, aveva messo la firma sul mandato di morte di tre affiliati uccisi nel 2009. I tre avevano osato “mettersi in proprio” omettendo di versare il contributo economico alla camorra di Casale. Ora Nick O’ Barbone (questo il suo soprannome), dovrà dimenticare la toga.
Se fosse riuscito a laurearsi sarebbe stato il figlio degenere di una famiglia di camorristi, ma nel 2009 il vuoto che si era creato al comando del clan lo aveva richiamato al suo posto, quello appunto di comando. Da marzo a maggio di quell’anno vennero uccise 5 persone: due affiliati furono sepolti sotto tre metri di terra; l’intento era quello di farli sparire, ma vennero trovati dagli uomini della squadra mobile di Caserta; un altro venne lasciato sotto un albero di pesche con un colpo d’ascia in testa; gli ultimi due vennero ripescati in un canale d’acqua a Cancello Arnone. Il 15 giugno del 2010, la fortuna si schierò dalla parte della legge; infatti Nicola, 32 anni, due filgi e una giovane moglie, venne arrestato dalla polizia nella sua abitazione.
Per i pentiti era stato lui il mandante per il triplice omicidio di Giovanni Battista Papa, Modestino Minutolo e Franesco Buonanno, i primi due fatti sparire con il metodo della “lupara bianca” a Villa Di Briano e il terzo ucciso in aperta campagna a Frignano.
A quattro anni di distanza, Nick Schiavone ha ascoltato la lettura della sentenza dal carcere di massima sicurezza di L’Aquila, collegato conn l’aula di giustizia del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dove i giudici hanno sentenziato l’ergastolo.
Per Nicola è la prima condanna pesante che, inoltre, prevede l’isolamento diurno per un anno; la lettura della sentenza è durata due minuti. Carcere a vita anche per Francesco Barbato, assolto dall’accusa di aver ucciso Papa e Minutolo, ma responsabile dell’omicidio di Buonanno. Non accolta la richiesta di risarcimento danni per le parti civili. Due anni di reclusione, invece, per il pentito Amedeo Di Biasio, responsabile di aver fatto sparire le videocassette delle vittime riprese mente entravano in un bar.
Accolta in pieno quindi, la richiesta presentata dal pm dell’antimafia di Napoli, Antonello Ardituro.