Il dato in Italia è allarmante, secondo un rapporto di Save the children, quasi centomila mamme in Italia, con figli minori di cinque anni, hanno perso il lavoro in quest’ultimo anno di pandemia, quindi doppiamente penalizzate a causa dello smart working ed il lavoro domestico, e nella cura della prole che durante il lockdown ha impiegato loro molto tempo, allontanandole dall’impiego.
La mancanza di asili nido, o la difficoltà nel trovare una babysitter, o parenti che potessero provvedere a tenere i bambini durante l’orario lavorativo, hanno portato nel 2019 cinquantamila mamme a richiedere le dimissioni o il congedo parentale, donne che si sono dedicate interamente ai figli, anche durante lo smart working.
Le donne italiane risultano essere anche le più grandi in Europa ad avere figli, data la difficoltà ad immettersi nel mercato del lavoro e a costruirsi una carriera. E nel 2020 c’è stato un drammatico crollo delle nascite, proprio dovuto all’impossibilità di trovare un impiego in Italia, che non permette alle donne di costruirsi un futuro.
Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children. afferma: “le mamme stanno pagando un durissimo prezzo durante questa epoca, prive di aiuti esterni e vanno tutelate in ogni maniera”. C’è bisogno inoltre che la politica metta in atto forme di lavoro più agevole per le donne lavoratrici e mamme.
Il rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021“ di Save the Children, afferma: “c’è un enorme divario tra il Nord, che tutela le mamme lavoratrici, e il Sud dove non ci sono tutele, infatti Trento, Bolzano e Lombardia sono ai primissimi posti, mentre Campania, Calabria e Siclia agli ultimi”.
I papà lavorano per l’88% mentre le mamme al 57%. Ci vorrebbe una equa distribuzione dei diritti, e che i padri in futuro siano consapevoli di doversi prendere anche loro delle responsabilità nei confronti dei figli.