La squadra mobile della polizia ha recuperato 66 preziosi gioielli che ora attendono di ritornare ai legittimi proprietari. Il ritrovamento dei preziosi è avvenuto nell’ambito dell’operazione Skanderberg, coordinata dal pm Sergio Dini. Tredici persone coinvolte nei furti sono finite in carcere, e altre due ai domiciliari.
Per il momento, i furti contestati alla banda sono 55, ma gli investigatori sospettano che il numero sia molto più elevato. Il nascondiglio di una buona parte dei gioielli è stato un buco in un campo non coltivato di via Cossa, all’incrocio tra via Goito e via Cavallotti.
I predoni si erano organizzati in batterie da tre/quattro persone, con un canovaccio da seguire, per tutti sempre uguale. L’appuntamento, nel primo pomeriggio di ogni giorno, era fissato al bar “Fly” che si trova in centro a Padova, presso la galleria Tito Livio. Seduti al tavolino del bar, organizzavano la mappa delle rapine.
La zona preferita nei loro furti era quella del Bassanello, senza trascurare altre zone della città come via Trilussa, via Croazia, via Pascoli, via Napoli, via Ronchi, via Como, via Sondrio, via Buje, via Testi, via Tassoni, via Cavallotti, via Vendevolo, via Goethe, via Agrigento, via Cremonino, e via Riccoboni. Gli orari per agire erano dettati dal buio: nel periodo estivo la notte fonda, e nelle altre stagioni dalle 17 alle 20.
Con un grosso cacciavite, chiamato “spada di Skanderberg”, forzavano le finestre e le porte. Una volta entrati in casa, bloccavano l’ingresso appoggiando qualcosa di pesante alla porta, o chiudendola con il chiavistello, in modo da evitare di essere colti sul fatto e – allo stesso tempo – per sbarrare la strada ai proprietari dell’abitazione nell’eventuale loro ritorno.
Portavano via più gioielli possibile e, poi, se ne andavano velocemente. A completare l’opera, ci pensavano le fidanzate che, recandosi ai “Compro Oro”, vendevano i preziosi ricavandone il denaro. Per questo motivo, molti gioielli non sono stati recuperati dalla polizia perché già fusi.