In queste ore stanno facendo molto discutere le affermazioni di Flavio Briatore a proposito della “sua” pizza. Il noto imprenditore ha affermato, infatti, che il prezzo per una pizza margherita preparata nei suoi locali si aggira intorno ai 15 euro, questo per l’impiego di materiali primi di qualità e per il dover pagare tasse e dipendenti.
Fuoco alle polveri, in pochi istanti la notizia ha fatto il giro del web e non solo, scatenando un vero e proprio putiferio. In generale, tutti i pizzaioli d’Italia si sono sentiti punti sul vivo per queste affermazioni allusive secondo cui, tranne Briatore, le altre pizzerie riescono a tenere prezzi così contenuti perché utilizzano prodotti scadenti e non pagano tasse.
Come è facile immaginare, chi si è sentito più offeso e oltraggiato è il popolo napoletano, legato a questo piatto da secoli. Proprio dal capoluogo partenopeo è arrivata una dura replica alle parole dell’imprenditore: “Briatore ha fatto male i conti: è vero che la pizza non può costare più solo 4 euro, perché se si usano ingredienti di qualità, con tutti gli aumenti di oggi, non può essere pagata così poco. Ma può costarne 6, e non 14“, ha precisato Alessandro Condurro, AD dell’Antica Pizzeria Michele in the World con locali sparsi in tutto il mondo che non hanno dimenticato l’antica tradizione familiare.
La risposta alle provocazioni di Flavio Briatore
“A lui dico che io vendo la Marinara o la Margherita a 6 euro e questo non significa che ho i dipendenti in nero. Noi paghiamo tutti i contributi e le tasse” rivolgendosi direttamente a Briatore, notevolmente infastidito per un messaggio che da molti potrebbe essere mal interpretato e che mette in dubbio e discussione la professionalità di chi ogni giorno, con fatica e impegno, porta avanti una tradizione riconosciuta in tutto il mondo.
Anche il presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Sergio Miccù, ha voluto mettere chiarezza in questa polemica, che per molti altro non è che una sapiente mossa di marketing: “La pizza napoletana è un piatto pop, ossia popolare. Ha contribuito a sfamare intere generazioni, superando le crisi più dure che la città ha attraversato. Dalla guerra al colera. Il problema non è a quanto si venda la pizza con l’astice blu come condimento, ma a quanto sia giusto vendere una Margherita o una Marinara fatta con ingredienti di qualità. È troppo generico parlare di pizza: le classiche conservino il valore della tradizione e di piatto popolare. Quelle cosiddette da chef sono un’altra cosa e possono avere prezzi diversi”.