Napoli, bimbo lanciato dal balcone: il domestico a processo perché capace di intendere e di volere

Mariano Cannio, il domestico arrestato il giorno successivo all'omicidio del povero Samuele Gargiulo, di soli 4 anni, è stato ritenuto capace di intendere e volere e verrà sottoposto a processo con rito immediato.

Napoli, bimbo lanciato dal balcone: il domestico a processo perché capace di intendere e di volere

Tre perizie lo hanno dichiarato capace di intendere e di volere al momento del fatto e per questo i procuratori Vincenza Marra e Barbara Aprea hanno chiesto un processo con il rito immediato. Andrà a processo, dunque, Mariano Cannio, il domestico arrestato il giorno successivo all’omicidio del povero Samuele Gargiulo, 4 anni, morto a Napoli il 17 settembre 2021. 

La decisione della Procura di Napoli, sottolinea l’Ansa, giunge a seguito dell’esito dell’incidente probatorio disposto per accertare lo stato di salute mentale di Cannio. Gli accertamenti si sono svolti lo scorso novembre nel corso di due visite in carcere alle quali hanno preso parte il perito nominato dal giudice e i due consulenti di parte designati dagli avvocati Domenico De Rosa, legale dei genitori del piccolo, e Mariassunta Zotti, difensore del 38enne. 

La ricostruzione della tragedia 

La tragedia risale al 17 settembre 2021. Il piccolo Samuele precipitò dal balcone di casa sua, al quarto piano di uno stabile in via Foria. In un primo momento si pensò a un incidente, anche se diversi aspetti non convinsero gli investigatori della Squadra Mobile di Napoli, diretta da Alfredo Fabbrocini. Tra questi, l’altezza della ringhiera: un bambino non sarebbe mai riuscito a scavalcarla, approfittando di un momento di disattenzione degli adulti.

Solo dopo, quando la mamma del bimbo parlò del domestico 38enne presente in casa, gli investigatori capirono. L’uomo, che si era allontanato subito dopo la morte di Samuele, venne rintracciato in serata nella sua abitazione. I poliziotti ricorsero ad uno stratagemma per stanarlo. Dopo aver suonato inutilmente al campanello, infilarono una bolletta sotto l’uscio e, quando la videro scomparire all’interno, ebbero la prova che lui era in casa. 

Cannio rese dichiarazioni confuse, ma sostanzialmente confermò di aver preso in braccio Samuele e di averlo lasciato cadere dal balcone, uccidendolo. Inizialmente disse di aver perso l’equilibrio per un malore e di avere per questo allentato la presa, ma per i giudici si era trattato di un gesto volontario anche se il movente non è mai stato chiarito. Nonostante la famiglia di Mariano Cannio non fosse raccomandabile, quest’ultimo godeva della fiducia dei residenti nel quartiere e in tanti lo avevano assunto come collaboratore domestico.

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