Nel Deep Web, il web oscuro, si commercia – in cambio di BitCoin – di tutto, persino persone, o più precisamente giovani donne, destinate al mercato delle schiave sessuali. Molto spesso, queste donne non vengono più trovate ma, qualche volta, la loro vicenda ha un lieto epilogo: proprio come accaduto a Chloe Ayling, giovane modella inglese che, rapita a Milano e tenuta in ostaggio per 7 giorni, è stata al fine liberata dal suo sequestratore.
Tutto è iniziato poco prima della metà di Luglio, anche se la vicenda è stata notificata ai mezzi di stampa solo nelle scorse ore, in modo da non ostacolare le indagini. Sulla base di un contatto intercorso tra la sua agenzia di moda e quello che poi sarebbe stato il suo rapitore, Chloe si è recata a Milano, per un servizio fotografico in uno studio di via Bianconi 7, nei pressi della Stazione Centrale: quivi giunta, però, è stata bloccata da un uomo mentre un suo complice le iniettava un potente narcotico per cavalli, la ketamina, in una sequenza di eventi che ricorda – tragicamente – quanto accaduto all’attrice Andrea Edmondson, nel film del 2006, “The pet. La sottomissione di Mary”.
La ragazza, sedata, è stata ammanettata a mani e piedi, e silenziata con del nastro adesivo sulla bocca: così conciata è stata caricata nel bagagliaio di un’auto per essere trasportata nel suo luogo di prigionia, un casolare al confine con la Francia, a Lemie, ove è stata tenuta incatenata dal 11 al 17 Luglio: in quel periodo, pur senza essere stata violentata, Cloe ha vissuto il suo incubo. Le sono, infatti, state fatte delle foto per metterla in vendita in un’asta del Deep Web, ove il suo prezzo di partenza pare fosse di 300 mila euro in BitCoin.
Proprio mentre la situazione sembrava precipitare, qualcosa è successo: l’uomo ha rivelato alla ragazza che dai suoi mandanti, degli hacker romeni del gruppo “Black Death”, era partito l’ordine di liberarla, dacché quell’organizzazione non trattava donne con figli (come emerso dal profilo Instagram della modella). Bastava che indicasse delle persone facoltose cui chiedere il versamento di un riscatto di 50 mila euro, entro un mese dalla liberazione: alla fine, il rapitore – identificato come un 30enne polacco con cittadinanza britannica, Pavel Lukas Herba – l’ha accompagnata al consolato inglese e, in quell’occasione, è stato fermato dalle forze dell’ordine con l’accusa di sequestro di persona.
Secondo le forze dell’ordine, che stanno conducendo le indagini con gli omologhi di Polonia e Gran Bretagna, l’uomo – pericoloso e con accenni di mitomania – avrebbe programmato tutto da tempo (acquisto di una carta d’identità falsa, e di un portafoglio BitCoin, il noleggio di locali in alcune città come Milano, e l’acquisto dell’auto) e, a questo punto, le indagini cercano di capire se il sequestro con asta sia stato finalizzato all’estorsione del denaro da amici o dal manager, se fosse finalizzato a truffare eventuali offerenti online, sovente ricchi arabi, o se vi sia davvero – dietro – un’organizzazione di neoschiavisti del sesso, con proventi e legami internazionali.