É la storia di un uomo che viveva e aveva casa a Milano, ma preferiva stare all’aria aperta e vivere come se non avesse dimora e, per questo, veniva chiamato “barbone”. Il freddo gelido di dicembre, però, non è stato dalla sua parte, e il giorno 15, quando mancavano pochi minuti alle 19.00, l’uomo è arrivato al Pronto Soccorso del Fatebenefratelli in stato di assideramento.
Di quest’uomo parla la nipote, esprimendo tutta la sua amarezza, in un’intervista al Corriere della Sera. La donna afferma: “La persona in questione è mio zio; è quel tipo di persona che comunemente viene chiamato ‘barbone’ e come tale si pensa essere solo al mondo“. Ma non è così, perchè qualcuno lo cercava, mentre lui, solo, moriva.
L’ospedale non ha informato i parenti del ricovero e nemmeno della sua morte, avvenuta dopo 30 ore dal ricovero. I parenti sono venuti a conoscenza del ricovero, e della morte, il 17 dicembre, quando era già morto.
I familiari lo avevano cervato ovunque, nei luoghi che frequentava, in casa sua, al cellulare. Ma niente, lui – la persona a loro “cara” – non rispondeva. La nipote racconta: “Preoccupata e presagendo nulla di buono, giunti alla sera del 17 dicembre senza sue notizie, ho cominciato il triste giro di telefonate. L’ho trovato…al Pronto Soccorso del Fatebenefratelli”. Lo zio, racconta la donna, era lì, morto da quasi 24 ore.
La tristezza della donna diventa incontenibile e chiede: “Se non fosse stato per la nostra personale iniziativa, chi, come e quando ne saremo stati informati?”. L’uomo portava sempre con sé i documenti di riconoscimento personali, ben tenuti, e un cellulare carico e funzionante. Quando il giorno 18 mattina la nipote è andata all’ospedale a ritirare gli effetti personali, il cellulare squillava ancora: qualcuno, a cui era “caro”, lo stava cercando. Erano le sorelle dell’uomo, preoccupate, a cui è stato difficile anche per la nipote “dire loro che lo zio non c’era più”.