Il sistema penitenziario italiano è in costante stato di emergenza, soffocato da un sovraffollamento cronico e da condizioni di vita insostenibili che alimentano tensioni. Per far fronte a questa situazione critica, il Ministero della Giustizia sta valutando l’introduzione di misure alternative alla detenzione per i condannati che devono scontare pene residue inferiori a un anno e per i quali non sussistono ostacoli giuridici. Tra queste misure si annoverano gli arresti domiciliari e l’affidamento in prova ai servizi sociali, strumenti già previsti dall’ordinamento italiano, ma che potrebbero essere applicati con maggiore frequenza.
Questa proposta, che si è delineata durante l’incontro del 7 agosto tra il Ministro della Giustizia, il Garante nazionale dei detenuti e i garanti regionali, mira a ridurre la pressione sul sistema penitenziario, liberando migliaia di posti nelle strutture penitenziarie.
L’idea è di riservare il penitenziario a chi rappresenta un reale pericolo per la società, favorendo per gli altri un percorso di reinserimento sociale che, come dimostrano numerosi studi, si rivela spesso più efficace nella prevenzione della recidiva rispetto alla mera detenzione.
La necessità di un intervento urgente è sottolineata dai recenti episodi registrati nelle strutture italiane. L’ultimo caso emblematico si è verificato nel penitenziario di Torino, dove uno scontro fisico tra detenuti ha coinvolto più reparti della struttura. Sei agenti della polizia penitenziaria sono rimasti coinvolti, con due di loro che hanno subito un’intossicazione. I disordini sono durati diverse ore, con i detenuti che hanno appiccato incendi, danneggiato arredi e versato olio sui pavimenti per ostacolare l’intervento delle forze dell’ordine.
I dati forniti dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Felice Maurizio D’Ettore, dipingono un quadro complesso: dall’inizio del 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, si è registrato un aumento significativo degli “eventi critici” all’interno delle strutture italiane. Situazioni di questo genere sono aumentate dell’8,1%, le manifestazioni di protesta collettiva del 51,1%, mentre i suicidi hanno subito un incremento del 43,1%, con 63 casi registrati in pochi mesi.