Mauro Febbo, spuntano 227mila euro in contanti custoditi in una cassetta di sicurezza

Il ritrovamento, emerso nel corso delle indagini che lo coinvolgono, ha attirato l’attenzione degli inquirenti, che stanno cercando di chiarire l’origine e la destinazione di quella ingente somma

Mauro Febbo, spuntano 227mila euro in contanti custoditi in una cassetta di sicurezza

Il provvedimento giudiziario evidenzia, tra le varie circostanze, la «straordinaria disponibilità di denaro contante» da parte del politico. In particolare, durante una perquisizione eseguita il 3 maggio 2021, gli investigatori hanno rinvenuto nella cassetta di sicurezza formalmente intestata alla figlia, ma di fatto utilizzata da Febbo ben 227.500 euro in contanti, suddivisi in mazzette contenute in diverse buste. Una in particolare ha attirato l’attenzione degli inquirenti: al suo interno erano ordinatamente disposti 10.000 euro, divisi in due mazzette da 5.000 euro ciascuna. Una cifra che come sottolineato nell’ordinanza corrisponde esattamente alla somma che, secondo l’accusa, Febbo avrebbe ricevuto dall’imprenditore della sanità Vincenzo Marinelli a titolo di dazione illecita.

Ma non è tutto. Durante la perquisizione sono stati trovati anche altri contanti seppur in quantità più modeste nascosti tra borselli e buste, sia in casa che nell’ufficio del politico. Una disponibilità in contanti definita “non comune” dagli inquirenti, che si inserisce in un contesto più ampio di presunti rapporti illeciti tra Febbo e Marinelli. Il giudice Di Berardino, nel ricostruire i contatti tra i due, rileva un’intensa e costante frequentazione: ben 58 contatti telefonici tra novembre 2018 e marzo 2019, e altri 242 tra giugno 2019 e marzo 2021 una media di oltre dieci interazioni al mese.

Un rapporto così frequente da escludere, secondo il magistrato, che Febbo potesse essere semplicemente infastidito o “perseguitato” da un sedicente lobbista. «Non si riscontra si legge nell’ordinanza in nessuna delle numerose conversazioni captate, alcun segno di fastidio, di distanza o di rigetto nei confronti di Marinelli. Nessuna richiesta, neppure implicita, di interrompere i contatti o di cessare le richieste. Al contrario, emerge una disponibilità costante all’interlocuzione e agli incontri».

Un comportamento che stride fortemente con quello assunto da Febbo una volta venuto a conoscenza dell’inchiesta: in quel momento, osserva il giudice, il politico ha iniziato a denigrare Marinelli, definendolo «un millantatore» e un «lobbista corrotto», nel tentativo – secondo la ricostruzione dell’accusa di prendere le distanze per tutelarsi a posteriori. «Allora non si comprende conclude il giudice perché Febbo abbia continuato a discutere con Marinelli sempre degli stessi argomenti, ben lontani da questioni di carattere sportivo, come invece sostenuto in maniera mendace nel primo interrogatorio con il pubblico ministero di Pescara».

Un comportamento che, per il magistrato, appare incompatibile con quello di un pubblico ufficiale consapevole della reputazione dell’interlocutore e dei rischi legati a una simile frequentazione. 

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