Dodici persone sono indagate per presunti falsi matrimoni finalizzati a permettere l’ingresso illegale in Italia di cittadini senegalesi. La Procura di Pescara, attraverso il pm Andrea Di Giovanni, ha richiesto il rinvio a giudizio per tutti gli accusati, contestando i reati di falso e, in un caso specifico, di bigamia.
Il sistema dei matrimoni falsi
L’inchiesta ha fatto emergere una sorta di “asse” Pescara-Mbacke, città del Senegal, utilizzato non per scambi culturali, ma per orchestrare una serie di unioni fittizie che consentivano il ricongiungimento familiare agli sposi. Gli indagati sono nove residenti a Pescara e tre senegalesi, due donne e un uomo. Le nozze, celebrate con rito religioso islamico e registrate in Senegal, venivano poi trascritte nei registri italiani, principalmente nel Comune di Pescara e, in un caso, a Città Sant’Angelo. Le indagini hanno rivelato che le cerimonie senegalesi venivano registrate da un unico ufficiale di stato civile, identificato come Mor Sow, in un piccolo centro nella regione di Diourbel. Tuttavia, gli sposi italiani, in molti casi, non avrebbero mai messo piede in Senegal, non essendo in possesso di un passaporto o con documenti scaduti.
Il caso che ha avviato l’indagine
L’indagine è partita da un caso di bigamia. Uno degli indagati, già coniugato in Italia, risultava sposato in Senegal l’11 dicembre 2017, con successiva registrazione del matrimonio a Mbacke il 30 dicembre. Tuttavia, l’uomo non avrebbe mai lasciato l’Italia, essendo sprovvisto di passaporto. Le verifiche hanno confermato che, al momento delle nozze, lo sposo si trovava al lavoro a Pescara. In un caso, uno degli imputati è stato controllato dalle forze dell’ordine a pochi minuti di distanza dalla presunta celebrazione in Senegal, rendendo evidente l’incompatibilità temporale e logistica.
Coincidenze e legami tra gli indagati
Gli italiani coinvolti nell’inchiesta erano tutti legati tra loro: parenti, amici o vicini di casa, concentrati nella zona di Ferro di Cavallo a Pescara. Anche le richieste inviate ai Comuni per trascrivere i matrimoni erano uniformi: le stesse frasi, inviate via email, con richieste di appuntamenti spesso inoltrate a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, segno di una possibile regia organizzativa.
Matrimoni per madre e figlia
Tra i casi più curiosi, quello di una madre e una figlia pescaresi, entrambe sposate con senegalesi in due momenti diversi: la madre nel 2017 e la figlia nel 2020. Nessuna delle due aveva mai posseduto un passaporto.Questi falsi matrimoni avrebbero permesso agli sposi senegalesi di ottenere la cittadinanza italiana, che viene concessa automaticamente dopo tre anni dalla celebrazione, se il coniuge italiano non denuncia eventuali irregolarità. La complessa rete solleva interrogativi su un possibile livello superiore di organizzazione che avrebbe orchestrato l’intero sistema, ma tale aspetto non è emerso chiaramente dalle indagini.La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati, mentre proseguono le verifiche per chiarire ulteriori dettagli di questa intricata vicenda.