ISOLA DEL GRAN SASSO – Ha un nome e un volto il presunto terrore che ha strappato alla vita Martino Caldarelli, il 48enne scomparso da San Pietro di Isola del Gran Sasso lo scorso venerdì. I carabinieri hanno fermato Andrea Cardelli, 40 anni, originario di Corropoli, e Alessia Di Pancrazio, 38enne di Giulianova, ritenuti responsabili della suo barbaro decesso. Il corpo dell’uomo è stato rinvenuto nella serata di ieri, immerso in un laghetto artificiale nelle campagne della Val Vibrata, tra Sant’Omero e Nereto. A condurre i militari al luogo esatto è stata proprio la donna, che, crollata nel corso dell’interrogatorio, ha confessato, fornendo dettagli decisivi per chiudere il cerchio.
Al momento, a carico della coppia pende l’accusa di concorso in rapina, ma come confermato dalle autorità in conferenza stampa l’imputazione potrebbe presto aggravarsi, trasformandosi in delitto volontario, sulla base degli elementi raccolti e soprattutto in seguito all’autopsia che chiarirà il numero e la natura delle conseguenze inferte al nemico. Secondo le prime evidenze dei carabinieri del Reparto Operativo di Teramo, si tratterebbe di numerose coltellate, inflitte con una crudeltà tale da far pensare a una colluttazione molto intensa.
Durante la conferenza stampa tenuta dal procuratore capo di Teramo, Ettore Picardi, e dal comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Pasquale Saccone, è stato tracciato un quadro crudo e agghiacciante della vicenda. Il delitto, ha spiegato Picardi, sembra maturato in un contesto sociale marginale, tra persone che vivono di espedienti. Non ci sarebbe stato un piano preordinato, ma piuttosto una situazione sfuggita di mano, che ha portato a un’escalation di crudeltà culminata nel decesso di Caldarelli. Il 48enne, descritto da amici e conoscenti come un uomo tranquillo, legato alla madre con cui viveva, sarebbe stato adescato attraverso i social, forse con una proposta di natura intima.
Una volta giunto all’abitazione della donna a pochi chilometri dal laghetto dove poi è stato rinvenuto si sarebbe consumata la trappola. Secondo la prima ricostruzione, l’obiettivo iniziale sarebbe stato un furto, ma la situazione sarebbe rapidamente degenerata, finendo nel cruore. Dopo l’affronto, il corpo dell’uomo sarebbe stato legato a un peso e gettato nell’acqua per impedirne il ritrovamento. Un momento cruciale per le indagini è stato il ritrovamento dell’auto di Caldarelli, una Fiat Panda rossa, avvenuto domenica scorsa a Giulianova. Il veicolo era stato riverniciato e dato alle fiamme, nel probabile tentativo di cancellare tracce compromettenti, tra cui DNA e impronte digitali. Da quel momento gli inquirenti hanno cominciato a esplorare con maggiore convinzione l’ipotesi di un delitto.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Teramo, stanno ora approfondendo anche altri casi analoghi, che potrebbero ricondurre alla stessa coppia: si parla infatti di tentativi di adescamento simili, avvenuti nelle ultime settimane, con modalità sospettosamente vicine a quelle che hanno preceduto al delitto di Caldarelli. «Siamo ormai molto vicini alla ricostruzione definitiva dei fatti e alla piena chiusura del caso», ha dichiarato il procuratore Picardi, aggiungendo che, sebbene restino da chiarire alcuni dettagli, la confessione della donna e gli elementi oggettivi raccolti finora delineano un quadro inquietante ma chiaro: un delitto efferato, maturato in un contesto di disperazione, inganno e crudeltà. Fammi sapere se vuoi aggiungere dettagli sulle biografie degli arrestati, aggiornamenti investigativi o reazioni della comunità.