Non era mafia. I giudici della decima sezione penale del tribunale di Roma, nella sentenza emessa ieri, hanno smontato la tesi dell’accusa che ricostruiva un’associazione di stampo mafioso operante, non solo a Roma, ma in tutto il Lazio.
È una sentenza che non lascia alcun margine d’equivoco, e fa discutere: quella nei confronti dei 46 imputati, nel processo “Mafia Capitale”. Cade il 416 bis e, di conseguenza, l’aggravante del “metodo mafioso”, derubricato a mera “associazione per delinquere”.
Un anno e mezzo di processo, centinaia di udienze, un numero impressionante di intercettazioni, non solo telefoniche, ma anche ambientali. Restano le condanne: un totale di 250 anni di carcere, con le pene più pesanti nei confronti dell’ex Nar – Massimo Carminati – che dovrà scontare 20 anni di galera, e per il ras delle cooperative romane – Salvatore Buzzi – che dovrà “alloggiare” in gattabuia per 19 anni.
Condannati 41 degli imputati, mentre 6 sono stati assolti. L’ex direttore generale di Ama – Giovanni Fiscon – l’ex primo cittadino di Castenuovo di Porto – Fabio Stofoni – e Giuseppe Mogliani, a cui si aggiungono due presunti esponenti delle cosche – Rocco Rotole e Salvatore Ruggero – nei confronti dei quali i pubblici ministeri avevano chiesto 16 anni per “associazione mafiosa”, ma che sono stati assolti per “non avere commesso il fatto“: i giudici hanno negato, di fatto, il collegamento tra “Mafia Capitale” e la ‘Ndrangheta calabrese. Gli stessi pm hanno dichiarato che impugneranno la sentenza per la parte in cui i giudici gli danno torto.
In aula, ad assistere alla lettura del dispositivo, era presente anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi, che ha commentato parlando di vittoria dei cittadini, ma ha aggiunto: “non abbassiamo la guardia, perché a causa del malaffare, tutti noi i cittadini, in particolar modo i cittadini romani, ne paghiamo ancora il prezzo. Oltretutto, questo è solo il primo grado di giudizio“.