Sono trascorsi quasi due anni dal sinistro ferroviario del 10 dicembre 2023 che ha visto coinvolto un Frecciarossa partito da Lecce e diretto a Venezia, nei pressi di Faenza, scontrarsi con un Intercity fermo. Fortunatamente non ci furono vittime, ma i disagi furono enormi: due passeggeri furono ricoverati, sette si recarono al pronto soccorso, e la circolazione ferroviaria subì rallentamenti significativi, con 31 treni in ritardo, tre cancellati e 19 deviati. Ciò che ha destato maggiore preoccupazione, però, non è stato l’imp@tto in sé, quanto le circostanze che hanno portato al sinistro.
Dalle indagini emerse che il macchinista, un quarantenne veneziano, era risultato positivo alla coc@ina tramite esami del capello. L’uomo ammise di essere consumatore abituale di sostanze stupefacenti da circa un anno, ma ciò che ha scosso in maniera particolare le autorità furono le sue dichiarazioni: «Non sono l’unico, siamo in tanti. E l’azienda lo sa». Parole che suggeriscono una criticità sistemica all’interno del settore ferroviario, indicando che l’uso di droghe tra i macchinisti non sarebbe un caso isolato.
Il legale del macchinista, Leonello Azzarini, ha cercato di limitare i danni, sottolineando che al momento non ci sarebbero prove sull’@buso da parte di altri colleghi. Dal punto di vista legale, il macchinista ha perso il lavoro a seguito della sospensione cautelare avvenuta il 18 gennaio 2024, dopo la conferma del consumo di coc@ina. La vicenda giudiziaria ha sollevato un nodo tecnico fondamentale: il pedale di sicurezza del treno, che il conducente deve premere regolarmente per confermare la propria attenzione, non fu azionato per circa sette minuti, durante i quali il treno alternava frenate e accelerazioni a singhiozzo per otto volte, con il sistema di sicurezza che limitava la velocità a 80 km/h mentre la locomotiva era impostata a 175 km/h.
Tuttavia, secondo il giudice, non vi sono prove che il macchinista sia svenuto o abbia avuto un malore, rendendo difficile stabilire un nesso diretto tra il consumo di coc@ina e il sinistro. Il giudice ha confermato il licenziamento e ha condannato l’uomo al pagamento di 2.850 euro di spese processuali, ma le frasi del macchinista sollevano questioni ben più ampie sullo stato di sicurezza del trasporto ferroviario. La denuncia implicita di una cultura aziendale che tollererebbe comportamenti rischiosi pone interrogativi sulla formazione, i controlli e le misure preventive adottate da Ferrovie dello Stato.
Questo episodio evidenzia come la sicurezza nel trasporto pubblico non dipenda solo da tecnologie avanzate o sistemi di sicurezza, ma anche dalla responsabilità individuale e dal rispetto delle regole da parte di chi guida i convogli. Le dichiarazioni del macchinista, oltre a rappresentare una difesa personale, aprono un dibattito urgente sulla necessità di controlli più severi e di una cultura aziendale che ponga la sicurezza dei passeggeri al primo posto, prevenendo rischi che potrebbero avere conseguenze ben più gravi in futuro.