Nella notte tra il 24 e il 25 aprile, il corpo del giovane tunisino Fares è stato trovato a 4 metri di profondità nel Fosso Reale. Ma come ci è finito lì? E’ questa una domanda fatidica che ci si pone.
Fares, da tempo abita a Livorno e la sua casa provvisoria è la stazione San Marco, in via delle Cateratte, in attesa di avere il lavoro che gli è stato promesso.
La ricostruzione dei fatti
Intorno alle 23:30 una pattuglia della polizia avrebbe fermato il giovane nei pressi della stazione dove viveva. Da qui le sue tracce si perdono, su questo ragazzo cala il buio.Il giorno dopo gli amici lo cercano, il suo corpo viene ritrovato in acqua e, tra le ipotesi più plausibili sul suo decesso, un tentativo di fuggire ai controlli della polizia, andando incontro alla morte.
Ora sul muretto lungo il fiume, nelle cui acque giaceva il corpo di Fares, campeggiano striscioni con su sceitto “Giustizia per Fares”, “Basta razzismo”, “Stop alla violenza e al silenzio”.
I racconti degli amici di Fares
Un amico del giovane deceduto racconta che Fares, con permesso di soggiorno da 6 mesi, era in attesa di lavoro e non aveva addosso droga o altro. Se è scappato, aggiunge, lo ha fatto solo per paura dei controlli, per paura di essere rimpatriato dopo tutto quello che hanno passato per arrivare in Italia. Il loro avvocato, ha aggiunto, ha chiesto le immagini delle telecamere della zona per verificare quanto accaduto.
Altri amici di Fares, invece, raccontano di episodi di violenza durante i controlli della polizia. Uno sostiene di essere stato gettato in acqua, proprio nel punto dove è stato ritrovato il corpo senza vita del suo compagno, dagli agenti, nel 2013. Gli amici chiedono giustizia, tanto da aver organizzato, ieri sera, un corteo nei pressi della questura, aggirando i blocchi della polizia. Tantissima la solidarietà dei residenti e dei membri di altre minoranze etniche che si sono raccolti in piazza della Repubblica per chiedere giustizia.