Si chiama Marilena Petruccioli la donna licenziata dalla Perugina per un post pubblicato sul social network datato 30 ottobre in cui scriveva: “Oggi mi è capitato di leggere un provvedimento disciplinare in cui il capo del personale di questa azienda – e badate bene non il proprietario, il padrone – ha usato un termine a dir poco vergognoso: COLLARE. Qualcuno dei suoi superiori dovrebbe fargli un ripassino dei principi che l’azienda per la quale lavora sbandiera ovunque. Il collare lo indossano i cani, non le persone. E certi personaggi che ricoprono certi ruoli dovrebbero stare attenti ai termini che usano in certi atti ufficiali Tanto più che sembrerebbe che ‘sto personaggio occupi il parcheggio per invalidi quando si reca a rinforzare i muscoli. Peccato il cervello non ne trae beneficio. Disgustata“. La lavoratrice aveva spiegato che il suo post non era riferito alla Nestlè, ma la dipendente è stata comunque licenziata “per giusta causa”.
È la Cisl che racconta la storia di Marilena Petruccioli, in Perugina dal 1996, diventata disabile nel 1997 in seguito a un grave infortunio sul lavoro proprio in Perugina, delegata Cisl per la Rsu aziendale. “Forse l’azienda – commenta il segretario generale regionale Fai Cisl Umbria Dario Bruschi– ha considerato Marilena Petruccioli una Rsu scomoda in quanto ha sempre espresso le proprie idee in maniera chiara e diretta? Il nostro dubbio è che il suo carattere passionale sia mal digerito da qualcuno nello stabilimento della Perugina. Tutti i livelli della federazione, sostenuta dalla Cisl, da oggi sono impegnati per opporsi a sanare legalmente questo clamoroso autogol Nestlé, che sbandiera codici comportamentali di correttezza e moralità e poi all’oscuro di tutti licenzia una Rsu, soprattutto una lavoratrice con inabilità fisiche».
Il caso di Marilena è anche arrivato in Parlamento, dove il deputato di Sel Nicola Fratoianni ha presentato un’interogazione al ministro del Lavoro Giuliano Poletti chiedendogli di intervenire per risolvere la situazione. “E’ questo il modello – si chiede Nicola Fratoianni – di corrette relazioni fra datori di lavoro e lavoratori, cui vuole consegnarci il governo con il Jobs Act?. Questo licenziamento è un atto gravissimo e discriminatorio, lesivo della libertà e della dignità della lavoratrice. Per questo il ministro del Lavoro deve intervenire».
Altri episodi analoghi si erano già verificati in passato in Italia, sono molti i dipendenti che usano i social network per esprimere i loro malumori contro i datori di lavoro, ma definire uno sfogo su Facebook una “giusta causa” per un licenziamento non mi sembra molto corretto.