Lecce, a 9 anni lavora come ambulante in spiaggia

Nel Salento, giovani migranti e le loro famiglie lavorano sotto il sole per vendere mercanzia, sacrificando la loro infanzia. La storia di un bambino di 9 anni, costretto a lavorare senza poter frequentare la scuola, è emblematica di una realtà diffusa.

Lecce, a 9 anni lavora come ambulante in spiaggia

Nelle pittoresche spiagge del Salento, tra i colorati ombrelloni e il luccichio del mare, si nasconde una realtà spesso invisibile agli occhi dei turisti. Bambini migranti, insieme alle loro famiglie, cercano di sbarcare il lunario vendendo mercanzie sotto il sole cocente, sacrificando la loro infanzia e la possibilità di giocare in acqua come i loro coetanei. Questa è la storia di un giovane di soli 9 anni, ma è purtroppo una narrazione che coinvolge molti altri minori nella stessa situazione.

Il giovane, che viveva a Lecce con la sua famiglia, trascorreva le sue giornate sulle spiagge del Salento, costretto a lavorare senza sosta e senza neanche un giorno di riposo, specialmente durante la stagione estiva. La sua vita, seppur apparentemente comune per un bambino della sua età, era segnata da una dura realtà, una realtà che lo vedeva costantemente allontanato dalla scuola a cui avrebbe dovuto partecipare come tutti gli altri suoi coetanei. I servizi sociali avevano iniziato a seguire il suo caso, preoccupati per le numerose assenze a scuola.

Un giorno, durante una delle sue giornate lavorative, il giovane ha lasciato il suo fratello maggiore sulla spiaggia e si è diretto verso la Guardia Medica, sostenendo di avere un dolore alla caviglia. In realtà, il suo scopo era ben diverso: voleva raccontare al medico la sua storia, implorando aiuto. Sussurrando con voce debole, ha detto al dottore presente: “Voglio essere un bambino“. Fortunatamente, il medico ha compreso il suo grido silenzioso e ha inoltrato una segnalazione all’ufficio della Procura per i Minori.

Gli investigatori hanno avviato un’indagine per valutare il contesto e le condizioni di vita del giovane, e quanto emerso ha spinto le autorità a prendere una decisione drastica: allontanare il bambino dalla famiglia d’origine. Questo caso ricorda un altro episodio che ha scosso il Salento, quando un quindicenne ha raggiunto gli uffici della Procura minorile di Lecce dopo una ricerca su Google Maps, con l’obiettivo di sfogare il suo dramma fatto di lavoro forzato e l’assenza di opportunità di studio. Aveva rivelato che suo zio, diventato suo tutore dopo la scomparsa della madre, lo aveva costretto a questa vita.

Oggi il quindicenne vive lontano dalla sua famiglia d’origine, dalla quale è stato allontanato grazie a quella segnalazione coraggiosa. Questi due casi non sono unici: nel Sud dell’Italia, molti minori di origini straniere si trovano ad affrontare situazioni simili, costretti a lavorare invece di studiare. Il loro desiderio è comune e universale: vivere una vita normale, andare a scuola e avere il tempo di riposare.

 

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