La dottoressa ingiuriata, in ospedale: "Mi sono sentita violata"

Il medico del pronto soccorso, che ha subito ingiurie da parte di un paziente che ora rischia una condanna fino a cinque anni di cella, racconta la propria esperienza.

La dottoressa ingiuriata, in ospedale: "Mi sono sentita violata"

Daniela Buccella, dirigente medico del Pronto soccorso di Pescara da otto anni, racconta con lucidità e passione l’aggressione subita lo scorso 18 ottobre. Un episodio che l’ha segnata profondamente, ma non al punto da farle mettere in dubbio l’amore per il suo lavoro. «Mi sono sentita violata, delusa, offesa», dice ripensando a quel giorno, «ma ho la fortuna di fare il mestiere più bello del mondo. Già il giorno dopo ero contenta di essere tornata al lavoro». Quel pomeriggio, Daniela ha dovuto affrontare un paziente alterato che pretendeva una prestazione sanitaria non erogabile.

Gli avevamo già fornito un’impegnativa per il trattamento sul territorio, ma insisteva. Gli ho spiegato due, tre volte che non era possibile aiutarlo lì. A un certo punto, mi ha chiesto: “Ma lei come lavora?”. Ho risposto: “In scienza e coscienza”. Quando gli ho chiesto di accomodarsi, è andato verso l’uscita, poi è tornato indietro e mi ha sputato più volte addosso». Un gesto di disprezzo che Daniela descrive come un atto di rabbia incontrollata. «Per me è stato un “discontrollo” emotivo. Questo non giustifica il suo comportamento, ma penso sia sintomatico dell’esasperazione che spesso incontriamo nel nostro lavoro».

Un’utenza esasperata

La dottoressa parla con lucidità delle difficoltà che caratterizzano il lavoro in Pronto soccorso. «Ci troviamo di fronte a un’utenza esasperata che, a torto o a ragione, non tollera le attese o le risposte negative. Purtroppo, il Pronto soccorso è spesso usato in modo inappropriato, come una scorciatoia per aggirare le lunghe liste d’attesa o la difficoltà di accesso alla medicina territoriale». Un esempio? «Una colica renale è un’urgenza, ma il dolore al ginocchio non lo è. Riceviamo richieste che non rientrano nelle competenze di un Pronto soccorso, e questo crea un sovraffollamento che rende difficile lavorare con lucidità».

L’amore per il lavoro

Nonostante le difficoltà, Daniela non ha mai pensato di abbandonare il suo ruolo. «Lavorare nell’Emergenza-urgenza è una scelta. Siamo il front office dell’ospedale, ci mettiamo la faccia ogni giorno. È un lavoro che richiede sacrifici fisici ed emotivi, ma dà anche grandi soddisfazioni. Ogni giorno mi alzo con il sorriso e torno a casa stanca, ma mai pentita». Per lei, la chiave per resistere è trovare un equilibrio interiore. «Facciamo un respiro profondo, ci proteggiamo con il sorriso, la tenacia e la professionalità. Dobbiamo sempre ricordare che di fronte a noi ci sono persone che soffrono. Questo ci dà la forza di ricominciare ogni giorno».

Problemi strutturali e soluzioni

Secondo Daniela, la radice del problema risiede in un’organizzazione sanitaria carente. «La medicina territoriale è insufficiente, la guardia medica non funziona come dovrebbe e mancano posti letto nei reparti geriatrici. Questo porta il Pronto soccorso a diventare un luogo di accumulo, dove il personale è costretto a lavorare sotto pressione continua». Cosa fare? «Non ho le competenze per dare soluzioni definitive, ma sicuramente servono più medici sul territorio, una migliore gestione della domanda sanitaria e un aumento dei posti letto per gli anziani. Anche l’assistenza domiciliare, per quanto utile, non è sufficiente. Le famiglie non riescono a gestire da sole i pazienti cronici».

Un mestiere da promuovere

Nonostante tutto, Daniela incoraggia i giovani medici a scegliere l’Emergenza-urgenza. «È il lavoro più stimolante che ci sia. Devi essere sempre pronto, non puoi mai rilassarti, e hai l’opportunità di esercitare la medicina a 360 gradi. È una sfida continua, ma vale ogni sacrificio». Quando non è in ospedale, Daniela si rifugia nella sua passione per le immersioni subacquee. «Mi permettono di isolarmi, di ricaricare le energie. Sono il mio modo di ritrovare equilibrio». L’episodio di aggressione non ha spento il suo entusiasmo. «Il nostro è un lavoro difficile, ma straordinariamente appagante. Spero che le nuove normative possano garantire maggiore sicurezza a chi, come me, ogni giorno si impegna per il bene degli altri». 

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