Isis, parla chi ne è uscito: “ora alcool, incubi e depressione”

Alcuni ex membri dell'Isis hanno parlato della loro militanza, di come la jihad li abbia cambiati. Di una scelta che ora, alcolizzati e depressi, rimpiangeranno per il resto delle loro vite

Isis, parla chi ne è uscito: “ora alcool, incubi e depressione”

“La guerra…la guerra non cambia mai”. L’aforisma introduttivo dell’avventura di Fallout 3, capolavoro della Bethesda che nel 2008 ha venduto 4,7 milioni di copie ad una sola settimana dal lancio, riassume perfettamente il senso del reportage pubblicato oggi ne Il Corriere della Sera, dedicato ai disertori della Jihad. Ex terroristi che hanno raggiunto il loro limite, oramai ossessionati a vita dalle atrocità viste e commesse in nome del Califfato Islamico, che cercano oggi di esorcizzare disperatamente con l’assunzione compulsiva di alcool e droghe di vario genere.

“Ho bruciato vivi 128 uomini. Musulmani come me. Non ho capito perché dovessero morire. Li sogno tutte le notti, e l’unico modo per non pensarci è bere”. E’ questa la confessione di Abu Hamza Ettounsi, ex membro dell’Isis di origini tunisine. Era partito come un eroe, destinato a diventare un martire. Ora, dopo aver parlato pubblicamente di tutti gli aberranti orrori dei quali l’Isis si fa fiero promotore, è diventato un reietto alcolizzato, sotto la minaccia costante di ritorsioni nei suoi confronti, ed in quelli della sua famiglia. E’ apparso una sola volta, a viso oscurato, nelle televisioni del suo Paese, per raccontare la cruda verità che si nasconde dietro la propaganda dell’Isis. Ma la polizia ora gli vieta di rilasciare altre dichiarazioni in merito. E’ troppo pericoloso.

Il governo tunisino stima che siano circa 570 gli ex membri di gruppi di estremisti islamici che hanno deciso di abbandonare le schiere dei fanatici religiosi, la maggior parte dei quali vivrebbe oggi nell’ombra, nascondendosi tra Biserta e Kairouan o confinati all’interno di qualche prigione.

Per questi “pentiti” caduti in disgrazia, alla stregua dei cosiddetti “infami mafiosi”, l’aprire gli occhi ed il rifiutarsi di continuare quel barbaro e sadico gioco al massacro è stato solo l’inizio di un altro incubo, non più fisico e combattuto sui campi di battaglia, ma psicologico. Alla stregua dei reduci di qualsiasi guerra, tormentati dai massacri e dalle atrocità compiute da essi stessi ai danni dei civili in seguito al congedo. Perché d’altronde, per quanto possano cambiare gli ideali e le bandiere di riferimento, il comportamento degli esseri umani risponde sempre a determinati modelli di riferimento, che prescindono dalle ideologie, dall’etnia e dalla provenienza geografica.

Per questo il governo di Nidaa Tounis, in Tunisia, sta iniziando a promuovere dei centri di riabilitazione pensati apposta per accogliere gli ex jihadisti, cosa già fatta peraltro in Arabia Saudita, allo scopo di aiutare coloro che, dopo aver commesso le peggiori violenze, non hanno altra scelta se non quella di terminare la propria vita tra incubi, ossessioni e fiumi di alcool e droga.

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