Scegliereste mai di andare a cena in un carcere? Se l’idea dovesse interessarvi, a Milano è stato aperto un ristorante all’interno della Case circondariale di Bollate, dove i detenuti lavorano come camerieri e cuochi. Il locale è diventato uno dei più popolari del capoluogo lombardo, fino al punto che riuscire a prenotare un tavolo per cenare è un’impresa davvero difficile.
La clientela del ristorante, che non poteva che chiamarsi “In Galera”, è composta da giovani, anziani, coppie e dirigenti, e l’unica condizione per poter pranzare o cenare tra le mura del carcere milanese è aver riservato il tavolo per telefono. Nella sala d’attesa per i famigliari dei detenuti, gli steward del centro di formazione Scuola Paolo Frisi aspettano i clienti per condurli al ristorante: ma non verrà chiesto loro di mostrare il documento d’identità né di sottoporsi a nessun tipo di controllo di sicurezza.
All’interno il locale è molto accogliente: le pareti dipinte con tinte calde e il pavimento in legno; i camerieri indossano una camicia bianca e eleganti pantaloni neri, e si mostrano molto attenti e affabili nel servire gli ospiti. Insomma non si ha proprio l’impressione di essere all’interno di un carcere e i dipendenti non sembrano dei detenuti.
Silvia Polleri, presidente della cooperativa sociale Abc La Sapienza in tavola, che dal 2004 si occupa di formazione dei detenuti di Bollate, afferma che l’obiettivo è che il ristorante acquisisca una reputazione tale che i detenuti che vi lavorano possano ottenere un lavoro con maggiore facilità quando usciranno dal penitenziario. Al In Galera lavorano otto persone: quattro camerieri e quattro in cucina.
Ci sono anche uno chef ed un maître di professione esterni al carcere. La signora Polleri assicura che non c’è pericolo di fuga; i detenuti che vi lavorano non possono usare il cellulare, devono superare un controllo di sicurezza prima di accedere al ristorante e non è permesso ai loro famigliari di presentarsi come commensali.