Il Covid 19 ha interferito pesantemente nel regolare svolgimento di tanti eventi, tra i quali il Campionato mondiale della pizza a Parma. La manifestazione era giunta alla sua ventinovesima edizione che, annullata per la situazione sanitaria, si svolgerà a Parma dal 20 al 22 aprile prossimi. Nella capitale alimentare e città rappresentativa del buon gusto per il cibo italiano, si sfideranno quasi 800 maestri pizzaioli da tutto il mondo che daranno libero sfogo alle loro capacità creative.
Ma a ben pensarci, l’emergenza sanitaria, obbligandoci a rinunciare al nostro appuntamento settimanale in pizzeria, ha dato vita a numerosi aspiranti pizzaioli casalinghi, che si sono cimentati e destreggiati nella difficile missione di sfornare una buona pizza. Tanto numerosi da causare, per un certo periodo, una larga pecunia di tubetti di lievito tra gli scaffali dei supermercati.
Ma scopriamo insieme alcune curiosità storiche su questo simbolo di identità nazionale.La storia della pizza affonda le sue radici nell’era neolitica quando, attraverso una cottura arcaica su pietra scaldata, era sostanzialmente un pezzo di pasta rotondo ottenuto da chicchi di grano sbriciolati in farina e mescolati con acqua.La storiografia indica la “pita” come il capostipite nella genealogia dei pani e il verbo latino “pinsere” (premere, schiacciare) come origine etimologica, e da qui si intuisce facilmente il significato delle varianti “pida”, “piada”, “pitta” e naturalmente “pizza”. Hanno tutte infatti uguale suffisso, ma ovviamente storia e provenienza geografica diverse. E agli albori della sua lunga storia, il pane veniva prodotto in assenza di lievito.
Furono gli antichi Egizi, circa 5000 anni fa, a scoprire quel microscopico funghetto del “Saccharomyces” che innescando il processo della fermentazione alcolica e trasformando gli zuccheri in glucosio alcool e anidride carbonica, conferiva miglior digeribilità e profumo all’impasto. Gli Egizi però non lo riconobbero e gridarono al miracolo attribuendo il fenomeno a entità divine e non a una reazione chimico-fisica.Proseguendo quindi il nostro viaggio nel tempo, arriviamo in età medievale e precisamente nella ridente località di Tramonti dove, stante alcune testimonianze, sentiremo per la prima volta parlare di pizza.Tramonti era all’epoca un’instancabile forno a cielo aperto e foraggiava col suo pane la repubblica marinara di Amalfi. Pane secco e disidratato per la precisione, a lunga conservazione, quindi adatto al trasporto in nave per lunghi periodo e all’occorrenza pronto al consumo con un semplice bagno in acqua salata.Tramonti quindi iniziò a tessere rotte commerciali sempre più fitte con Napoli, alla quale poi ebbe modo di esportare il suo pane a condizioni vantaggiose, dando origine a quella che poi divenne la pizza, protagonista indiscussa della città partenopea.
Se quindi volessimo dare una carta d’identità, diremmo che la signora Pizza Margherita è nata a Napoli nel 1889 da tale Raffaele Esposito, chef che le diede la vita in onore dell’allora regina d’Italia Margherita di Savoia e dei colori nazionali rappresentati dal rosso pomodoro, bianco mozzarella e verde basilico, simboli di identità nazionale.
La pizza era inizialmente un cibo semplice ed economico, da “street food”, rivolto principalmente alle fasce deboli della popolazione. Col tempo si è sempre di più affermato e diffuso, fino all’apertura delle pizzerie, appositi ristoranti dove sedersi e consumarla dove speriamo poterci tornare presto anche noi nei sabati sera come oggi. E magari fare un giro ai “Mondiali” della pizza la prossima primavera.