La Cassazione ha emesso la sua sentenza definitiva nel caso di Riccardo Sorarù, imprenditore di Rocca Pietore, riconosciuto responsabile della scomparsa del giovane moldavo Vitali Mardari avvenuta alla fine del 2018. La Corte Suprema ha respinto il ricorso presentato dai legali di Sorarù, confermando la condanna inflittagli in primo grado di giudizio penale, che prevede una pena di 4 anni e 5 mesi di reclusione.
Quando la decisione diventerà esecutiva, entro pochi giorni, Sorarù sarà arrestato, poiché non ci sono alternative espiative disponibili. Inoltre, la Suprema Corte ha condannato Sorarù anche a rifondere le spese della parte civile e a pagare una sanzione alla cassa delle ammende della Corte stessa.
La notizia della sentenza ha scosso la famiglia di Vitali Mardari, in particolare la sua sorella, che è stata assistita da Giesse Risarcimento Danni, un gruppo specializzato in casi di infortuni sul lavoro. Durante il processo, la sorella del ragazzo ha dovuto rivivere il dolore di quel triste giorno molte volte, e al termine della sentenza, si è lasciata andare a un lungo pianto liberatorio.
Il sinistro che ha portato alla scomparsa di Vitali Mardari è avvenuta poche settimane dopo il disastro di Vaia, nel novembre 2018. Mardari aveva concordato un lavoro informale con Riccardo Sorarù per aiutarlo nei boschi di Val delle Moneghe, in provincia di Trento. Insieme a loro c’erano altri due lavoratori, anch’essi in nero. Il gruppo stava lavorando per tirare un cavo d’acciaio che avrebbe dovuto servire da teleferica per il trasporto del legname. Tuttavia, a causa di un errato calcolo delle forze necessarie e dell’uso di un mezzo non idoneo, il cavo si spezzò, colpendo Mardari.
Invece di chiamare immediatamente il soccorso medico, Sorarù e gli altri lavoratori spostarono il corpo di Mardari fuori dal cantiere e lo abbandonarono vicino alla strada. Solo più tardi, Sorarù chiamò il 118, fingendo di aver trovato casualmente il corpo mentre tornava a casa dal cantiere. Le indagini delle forze dell’ordine e del pubblico ministero Giovanni Benelli, insieme alle testimonianze dei presenti e dei parenti, hanno rivelato la verità sulla dinamica degli eventi.
Gli inquirenti hanno scoperto che i tre lavoratori che si trovavano con Sorarù non avevano un contratto regolare, formazione specifica o dispositivi di protezione individuale, il che li rendeva inidonei a lavori ad alto rischio come quelli boschivi. Questi fattori hanno contribuito a rendere la vicenda ancor più grave.
La sentenza in primo grado del Tribunale di Trento non aveva concesso a Sorarù alcuna attenuante, e l’imputato era stato condannato anche a versare una provvisionale di 110mila euro in favore dei parenti del ragazzo. Anche in secondo grado, la Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la condanna senza concedere attenuanti.
Gli avvocati di Giesse Belluno, che assistono la famiglia del giovane scomparso, hanno annunciato che stanno intraprendendo azioni legali per assicurarsi che Sorarù risarcisca i familiari di Vitali Mardari.