Impiegata di Mestre truffa l’azienda e si concede ogni lusso

Un'impiegata amministrativa di Mestre è stata denunciata per aver truffato per ben tre anni l'azienda in cui lavorava. La donna utilizzava il denaro per le vacanze, ristoranti di lusso, gite in barca e il marito giocava al casinò

Impiegata di Mestre truffa l’azienda e si concede ogni lusso

Una truffa ai danni di una società è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Mestre. Responsabile della truffa è una donna, un’impiegata e il marito, che per oltre 3 anni  hanno fatto la bella vita e si sono divertiti con i soldi rubati alla società di cui la donna era responsabile amministrativo. La donna infatti ha ricoperto questo ruolo dal 2010 al 2013 e già la retribuzione era più che onerosa, ma tutti gli extra e i vari divertimenti erano dovuti al denaro sottratto alla società, che ammonta a ben 1,5 milioni di euro.

Era proprio una bella vita quella scelta dalla coppia, pagata però con la truffa ai danni dell’azienda, e così le mete delle vacanze erano davvero prestigiose, New York, Cannes, Londra, Parigi e Cortina d’Ampezzo, soggiorni in albreghi e ristoranti di lusso, gite in barca a vela, shopping nei negozi di griffes importanti e tanto altro. Anche il marito della donna usufruiva del denaro che arrivava dalla truffa: infatti si dedicava alla sua grande passione, che era  il casinò.

La truffa è stata scoperta quando la Guardia di Finanza si è accorta che qualcosa non tornava: le anomalie sono state notate quando ha rilevato dei vuoti sospetti nei conti correnti e nella situazione di bilancio dell’azienda e ha iniziato a indagare. Ben presto hanno accertato da dove venissero gli ammanchi e hanno verificato che era proprio la donna a prelevare i fondi dell’azienda. Grazie al suo ruolo di responsabile amministrativo le era facile impossessarsi del denaro della società, solo non ha previsto che i buchi potevano insospettire e convincere qualcuno a controllare.

Inoltre, la donna aveva proseguito nella truffa con un metodo che permetteva di non far comparire il suo nome, truffa che eseguiva attraverso un occultamento delle transazioni con della documentazione fittizia. Così l’impiegata approfittava del denaro dell’azienda e si concedeva capricci da urlo, senza limiti di spesa sia per sè che per il marito. Adesso la donna dovrà rispondere di tutto quello che la Guardia di Finanza le ha attribuito, e non è poco, poiché in tre anni ha prelevato una somma così alta che non le basterà una vita di stipendi per restituirla.

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