Papa Francesco, il Papa ‘rottamatore’, rompe un altro tabù, e potrebbe essere un momento di svolta per la questione israelo-palestinese. Al termine di una riunione tra la delegazione del Vaticano e la delegazione palestinese, infatti, si è deciso per apporre la firma del Vaticano sul riconoscimento dello Stato palestinese. Ecco il comunicato congiunto: “Le parti hanno concordato che il lavoro della commissione sul testo dell’accordo è stato concluso, e sarà sottoposto alle rispettive autorità per l’approvazione prima di fissare una data nel prossimo futuro per la firma“.
Questo avvenimento non deve essere correlato, come fa intendere il portavoce vaticano Padre Lombardi, con la presenza di sabato del presidente palestinese Abu Mazen, che sarà in Vaticano per assistere al processo di canonizzazione delle prime due sante palestinesi.
Immediata la reazione di Israele, che ha fatto capire a chiare lettere di essere rimasta delusa dal comportamento del Vaticano. Non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali ma, secondo fonti israeliane, “Israele è deluso nell’apprendere della decisione della Santa Sede di concordare un testo finale di accordo con i palestinesi che comprenda il termine “lo Stato di Palestina”. Questa mossa non fa avanzare il processo di pace e non contribuisce a riportare la leadership palestinese al tavolo delle trattative bilaterali. Israele esaminerà l’accordo e soppeserà conseguentemente le proprie azioni“.
L’inizio delle discussioni sull’accordo, risalenti al 2000, non sono appunto una novità. La notizia, piuttosto, è nell’accelerata diplomatica del Vaticano, voluta da Papa Francesco. Monsignor Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, sottolinea come l’accordo raggiunto potrà aiutare i palestinesi nel vedersi riconosciuto uno “Stato della Palestina indipendente, sovrano e democratico che viva in pace e sicurezza con Israele e i suoi vicini, nello stesso tempo incoraggiando in qualche modo la comunità internazionale, in particolare le parti più direttamente interessate, a intraprendere un`azione più incisiva per contribuire al raggiungimento di una pace duratura e all’auspicata soluzione dei due Stati”.