Il nonno del piccolo Eitan: "Non siamo mossi da interessi economici"

Non è ancora risolto il contenzioso che oppone i parenti materni e i parenti paterni del piccolo Eitan dopo il suo rapimento da parte del nonno. Prende corpo il sospetto che alla base della disputa ci possano essere motivi di carattere economico.

Il nonno del piccolo Eitan: "Non siamo mossi da interessi economici"

C’è una attenzione costante, a tratti morbosa, da parte dei media sulla vicenda del piccolo Eitan, il bambino di 6 anni, unico superstite della tragedia del Mottarone, sottratto con un blitz alla zia paterna Aya Biran dal nonno materno Shmuel Peleg e portato in Israele.Soprattutto da quando si è insinuato il sospetto che dietro la contesa che divide le due famiglie non ci sia tanto la preoccupazione di tutelare il bambino e assicurargli un futuro per quanto possibile sereno, ma interessi di ordine economico.

È probabile che il piccolo, tra l‘eredità dei bisnonni periti nell’incidente, i rimborsi delle assicurazioni e i fondi donati per beneficenza da privati, risulti beneficiario di un patrimonio che potrebbe ammontare anche a qualche milione di euro. Che naturalmente non può amministrare essendo minorenne. Da qui nascerebbero gli appetiti, camuffati da nobili intenzioni, dei parenti che se lo contendono.

Naturalmente è solo un’ipotesi, ma è pur vero che i parenti che, per altro, poco o nulla hanno fatto per troncare sul nascere ogni illazione, finora non hanno fatto altro che rinfacciarsi reciprocamente la malafede.

Sugli ultimi sviluppi della vicenda, c’è da segnalare che la tutrice legale e zia paterna di Eitan, Aya Biran, con tutta probabilità andrà in Israele già domenica per rivedere il piccolo. Il 29 settembre a Tel Aviv è prevista una udienza sulla istanza che ha fatto partire la procedura della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale di minori. I nonni materni sono indagati per sequestro e l’uomo è finito agli arresti domiciliari. 

Intanto il console italiano ha visitato Eitan alla presenza di Peleg e l’ambasciata italiana a Tel Aviv ha fatto sapere che il bambino “è apparso in buone condizioni di salute”. La visita è stata resa possibile grazie alla collaborazione delle autorità israeliane ed era finalizzata a verificare la situazione e il contesto familiare in cui si trova attualmente il minore. 

Lo zio Or Nirko, marito di Aya, ha scritto una lettera per rinnovare la richiesta di risolvere il caso col rientro di Eitan a Pavia, dicendosi molto preoccupato per la salute mentale del bambino.

Sul fronte investigativo, le indagini dei PM di Pavia sono dirette ad accertare cosa non abbia funzionato dal punto di vista della sicurezza e della sorveglianza e le complicità che hanno supportato il blitz di Shmuel consentendogli di portare in auto un bambino fino in Svizzera per poi prendere un aereo noleggiato che ha fatto rotta verso Israele. Il rapitore ha varcato il confine con il passaporto del bambino che era ancora in suo possesso nonostante gli fosse stato intimato di riconsegnarlo e il divieto di espatrio era già stato diramato.

Il nonno materno del piccolo in una intervista ha tenuto a ribadire che Eitan è israeliano, figlio di genitori israeliani andati in Italia per studiare. “Abbiamo fatto piani perché tornassero, cercato un appartamento in Israele. Era chiaro a tutti che la famiglia sarebbe tornata in Israele: questo era il loro testamento”. Ha escluso con forza che ci siano interessi economici dietro l’intera vicenda e lanciato un appello ad Aya: “Mi rivolgo a lei, che venga a sedersi per parlare del futuro di Eitan“. Cosa che sarebbe dovuta avvenire fin dal primo momento. 

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