La vicenda giudiziaria che vede imputato Enzo Giardi, l’uomo che il 9 settembre dello scorso anno ha messo fine alla vita della moglie Piera Ebe Bertini, da tempo colpita da una forma avanzata di Alzheimer, è entrata in una fase decisiva.
La Corte d’Assise di Ravenna ha infatti disposto una perizia psichiatrica per verificare se Giardi fosse nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali al momento del gesto. Un elemento chiave che potrà incidere in modo significativo sull’esito del processo in corso. L’incarico, conferito ufficialmente il 3 luglio, è stato assegnato allo psichiatra Pietro Pietrini, affiancato dalla psicologa Dora Giorgi.
I due consulenti disporranno di novanta giorni per depositare il proprio elaborato, che dovrà accertare non solo la capacità di intendere e volere dell’uomo nel momento in cui si è verificato l’episodio, ma anche l’eventuale presenza di pericolosità sociale, con l’indicazione di eventuali misure idonee a contenerla.
Il pubblico ministero Daniele Barberini ha condiviso la necessità dell’accertamento, sottolineando come sia stato lo stesso Giardi a descrivere quanto accaduto come «un fulmine a ciel sereno», dichiarazione che suggerirebbe la possibilità di un episodio psicologico acuto o di un’alterazione temporanea della percezione della realtà. Il fatto è avvenuto nell’abitazione della coppia, in via Lolli. Dopo aver immerso la testa della moglie nella vasca da bagno, Giardi ha chiamato prontamente i soccorsi, raccontando con precisione quanto compiuto.
Le indagini dei carabinieri hanno rilevato un ambiente ordinato, privo di segni di colluttazione, e la donna era vestita. La difesa, affidata agli avvocati Monica Miserocchi e Antonella Monteleone, ha già depositato due consulenze tecniche. In entrambe si delinea un quadro psicologico di fragilità, descritto come uno stato depressivo sotto soglia: non una condizione clinica diagnosticata, ma tale da compromettere, in un contesto altamente emotivo, la lucidità e la connessione con la realtà.
Secondo lo psicologo Vittorio Foschini, Giardi avrebbe affrontato in solitudine anni di gestione quotidiana, in un contesto logorante, diventato progressivamente più difficile. A innescare l’azione sarebbe stata la caduta accidentale della moglie, evento che avrebbe causato una reazione psichica improvvisa e incontrollata, descritta come una “rottura” del rapporto con la realtà.
Durante l’udienza, la Corte – presieduta dal giudice Giovanni Trerè, affiancato dalla collega Antonella Guidomei – ha acquisito una documentazione articolata: dai verbali dei carabinieri alla registrazione della telefonata al 118, dall’autopsia eseguita dal medico legale Guido Pelletti alla cartella clinica della donna, fino alla scheda Inps che attesta l’assoluta mancanza di autonomia. Tra gli atti figura anche la rinuncia all’eredità da parte dello stesso Giardi, interpretata da alcuni osservatori come un segnale della complessità emotiva e mentale della sua posizione.