Il bimbo della coppia dell’acido va dato in adozione

Dalla Cassazione il responso definitivo: il bimbo della coppia dell'acido va dato in adozione. Nemmeno i nonni, che hanno avviato un ricorso, secondo i giudici hanno preso coscienza della gravità e atrocità dei fatti commessi.

Il bimbo della coppia dell’acido va dato in adozione

Il bambino, appena due anni e mezzo, nato dalla relazione tra Martina Levato e Alexander Boettcher, è ufficialmente adottabile. Questa la decisione della Cassazione che ha anche respinto la richiesta dei nonni di avere il bimbo in affido perché, per i giudici, va assolutamente protetto dal dramma familiare, escludendo di fatto che si possa altrimenti garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati della crescita.

I due, accusati di aver aggredito con l’acido alcuni ex della ragazza con lo scopo di “purificarla”, avevano concepito il bambino poco prima di essere arrestati, tant’è che il bambino, nell’agosto del 2015, è nato quando la Levato era già detenuta, ed è stato presto affidato ai servizi sociali di Milano.

Questa sentenza mette la parola fine all’ipotesi di far crescere il bimbo coi nonni mentre i genitori scontano le condanne, perché troppo lungo e complesso il percorso di un’eventuale riabilitazione dei genitori del piccolo innocente, che ha diritto ad una vita serena.

Già le sentenze di primo e secondo grado avevano stabilito che il bimbo venisse tolto alla famiglia d’ origine. Tra perizie e battaglie legali, recentemente per i parenti si era riaperta la speranza di poterlo crescere. Il sostituto procuratore generale della Suprema Corte aveva chiesto che Achille – questo il nome del bambino – stesse coi nonni materni, ma ora per la famiglia è arrivata la nuova doccia fredda.

La Cassazione ha rigettato tutti i precedenti ricorsi, sostenendo che per il bambino è preferibile una nuova famiglia, vista la lunga detenzione che aspetta i due genitori naturali.

La Levato, cui spettano ben venti anni di carcere, si dice profondamente delusa e, tramite la sua legale, preannuncia un ricorso alla Corte Europea per i diritti dell’uomo, non essendo disposta ad arrendersi ma, forse, prima servirebbe una reale e critica presa di coscienza dei comportamenti delittuosi assunti che, evidentemente, i giudici non hanno percepito. 

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