E’ la drammatica storia di Samantha D’Incà, la donna trentenne di Feltre, che nel 2020 uscendo di casa si è fratturata un femore, ma dopo l’intervento di routine entra in coma, forse a causa di un batterio a seguito della polmonite, e da quel giorno sopravvive attaccata ad una macchina in una Rsa di Belluno.
Un coma vegetativo irreversibile che dura da 11 mesi, e ora il padre Giorgio nominato amministratore di sostegno della figlia potrà chiedere all’equipe medica, secondo la delibera del giudice titolare del Tribunale di Belluno, l’interruzione della nutrizione e dell’idratazione e il conseguente accompagnamento alla morte tramite la sedazione.
“Finalmente ci hanno creduto e ci concedono questo atto d’amore. Soffrire, a volte, è peggio che morire” hanno dichiarato i genitori di Samantha, che dopo un tempo infinito di battaglie ora possono mettere fine alla sua sofferenza, staccando seppur dolorosamente la spina. “Abbiamo perso tante battaglie ma alla fine abbiamo vinto la guerra. Aveva ragione mio marito: finché avremo respiro, diceva, lotteremo per la dignità e il rispetto che Samantha merita”, ha commentato la madre Graziella.
In realtà, la ragazza, non ha lasciato un biotestamento scritto, ma ha più volte espresso ai genitori la sua volontà di evitare il ricorso all’accanimento terapeutico, quando in tv scorrevano le immagini del caso di Dj Fabo, cieco e tetrapelgico dopo un incidente stradale, morto tramite il suicidio assistito in una clinica svizzera, e della vicenda di Eluana Englaro, in coma per 17 anni dopo un incidente stradale, la quale alimentò in Italia un ampio dibattito sui temi legati alle questioni di fine vita, perchè i cattolici si dichiararono contrari all’interruzione della nutrizione artificiale mediante sondino nasogastrico, considerata equivalente all’eutanasia, e i laici si dichiararono favorevoli al rispetto della ricostruita volontà della diretta interessata pur in assenza di un formale testamento biologico.