I 7 errori della Lombardia nella gestione del coronavirus

Almeno sette gli errori commessi nella prima fase della crisi del coronavirus in Lombardia: la lettera della Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri alle autorità regionali. Vediamo quali.

I 7 errori della Lombardia nella gestione del coronavirus

Dall’inizio della pandemia del coronavirus, sembra che ora il peggio sia passato, ma non è ancora il momento di abbassare la guardia. Il numero dei contagi e dei ricoveri è in calo, ma la situazione nei reparti di terapia intensiva resta molto complicata e l’inferno vissuto dai medici degli ospedali lombardi nel mese di marzo è un qualcosa che li ha cambiati per sempre. Lo racconta al Giornale di Brescia un medico anestesista che ha preferito restare anonimo: “Non siamo riusciti a portare in terapia intensiva tutti i pazienti che ne avevano bisogno. Siamo davvero stati costretti a scegliere: un malato anziano perdeva sul malato più giovane“, ha affermato.

È indignato Guido Marinoni, presidente del Collegio dei Medici di Bergamo, e convinto che i tagli alla sanità, drammatici negli ultimi anni, abbiano influenzato la risposta alla pandemia: si sono chiusi ospedali, il numero dei medici di base ridotto all’osso e, ora, la mancanza dei dispositivi di protezione. Secondo Marinoni il governo ha usato il sistema sanitario pubblico per cercare di far quadrare i conti, con i conseguenti errori iniziali che hanno trasformato diversi ospedali della Lombardia in fonti di contagio.

Errori che la Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fromceo) ha dettagliatamente elencato in una lettera aperta alle autorità regionali, non per attribuire responsabilità, si legge, ma affinché si possa correggere il tiro sulla fase 2. Allarmati dalla mancanza di misure di prevenzione e dal collasso del sistema sanitario, i medici lombardi definiscono “disastrosa” la situazione sanitaria nella loro regione, anche rispetto alle “realtà vicine“. In quella catena di manovre sbagliate, individuano almeno sette difetti chiave:

In primo luogo, secondo la Federazione, l’errata modalità di raccolta dei dati ha prodotto numeri dei contagi e dei decessi non realistici, fuorvianti, impedendo di avere una chiara idea della diffusione dell’epidemia. Errore che deriva dall’aver effettuato i tamponi solo ai pazienti ricoverati e dall’aver conteggiato solo i decessi avvenuti in ospedale.

Il secondo errore è stato il mancato tempestivo isolamento di alcune zone maggiormente castigate dal Covid-19, come Nembro e Alzano, in provincia di Bergamo. Il terzo errore è consistito affinché gestione “confusa” delle case di riposo, che ha permesso al coronavirus di diffondersi rapidamente: nel bergamasco hanno perso la vita 600 anziani.

Il quarto errore segnalato dai medici è una scena che si ripete in quasi tutti i paesi colpiti dalla pandemia: la mancanza di adeguati dispositivi di protezione per medici e personale sanitario che ha provocato la morte di molti colleghi, il contagio di tanti di loro e la probabile e involontaria diffusione del virus. Un punto chiave, se si tiene conto che sono circa 20.000 i medici, infermieri e personale sanitario che hanno contratto la malattia in tutto il mondo.

Il quinto errore è stata “la quasi totale assenza di attività di igiene pubblica”, quali sanificazione dei luoghi pubblici, identificazione e isolamento delle persone entrate a contato con un positivo al Covid-19. In questo punto viene anche contestata l’insufficiente quantità dei tamponi eseguiti.

Il sesto errore è stato di non eseguire il tampone a tutto il personale sanitario, aumentando il rischio di contagio. Infine, le scorrette decisioni politiche delle autorità regionali che hanno portato alla saturazione degli ospedali, alla mancanza di letti e di respiratori.

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